Covid: ottenuta la mappa genetica più completa del virus SarsCoV2

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Covid – Ottenuta la mappa più completa e precisa del genoma del virus SarsCov2: è un importante strumento per la lotta a Covid-19 perché identifica tutti i geni funzionali che vengono tradotti in proteine; inoltre facilita lo studio delle nuove mutazioni che stanno guidando l’evoluzione delle varianti, in modo da capire quali potrebbero aiutare il virus a eludere le difese immunitarie. Il risultato è pubblicato sulla rivista Nature Communications dal gruppo di ricerca di Manolis Kellis al Massachusetts Institute of Technology (Mit) a Cambridge, negli Stati Uniti.

Il genoma del coronavirus SarsCoV2 è un manuale di istruzioni fatto di Rna che comprende quasi 30.000 ‘lettere’ (basi). Per capire quali formino delle parole di senso compiuto (cioè dei geni contenenti le indicazioni per produrre proteine), i ricercatori del Mit hanno condotto uno studio comparativo confrontando il genoma di SarsCoV2 con quello di altri virus ‘parenti’: il coronavirus responsabile della Sars (SarsCoV) e 42 ceppi di Sarbecovirus che infettano i pipistrelli.

I risultati confermano che SarsCoV2 contiene sei geni codificanti oltre ai cinque già noti in tutti i coronavirus. Inoltre è emerso che nella regione di Rna contenente il gene ORF3a è presente anche un altro gene nascosto, ribattezzato chiamato ORF3c, che può essere letto sfasato di qualche lettera rispetto all’altro: un fenomeno raro nei genomi molto grandi, ma piuttosto comune nei virus.

Grazie a questo studio comparativo, i ricercatori del Mit sono riusciti a correggere alcuni errori commessi da studi precedenti: in particolare, hanno dimostrato che cinque regioni di Rna proposte come papabili geni, in realtà, non codificano proteine. Inoltre hanno escluso che possano esserci altri geni codificanti ancora da scoprire.

Varianti
Un altro importante aspetto dello studio è quello che riguarda le varianti del virus. I ricercatori hanno analizzato oltre 1.800 mutazioni comparse nel genoma di SarsCoV2 e per ciascun gene hanno valutato quanto velocemente si è evoluto in passato rispetto ai mesi della pandemia. I risultati dimostrano che la maggior parte dei geni ha mantenuto la stessa velocità di evoluzione, con alcune eccezioni probabilmente dovute all’adattamento all’ospite umano. C’è per esempio una regione della proteina nucleocapsidica (che avvolge il materiale genetico del virus) che ha accelerato la sua evoluzione durante la pandemia: questa regione è infatti un bersaglio dei linfociti B del sistema immunitario e le mutazioni potrebbero servire al virus per eludere le difese.

Confrontando le varianti che hanno suscitato maggiori preoccupazioni (come l’inglese, la brasiliana e la sudafricana), i ricercatori hanno osservato che la maggior parte delle mutazioni riguarda la proteina Spike e aiuta il virus a diffondere più velocemente. Ciascuna variante presenta più di 20 mutazioni e, grazie alla genomica comparativa, è possibile individuare quelle che potrebbero essere più significative.

GDS

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