Ricoverato allo Spallanzani il primo contagiato dal vaiolo delle scimmie in Italia, altri due casi sospetti

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Ricoverato allo Spallanzani il primo contagiato dal vaiolo delle scimmie in Italia, altri due casi sospetti – Già decine di casi dell’infezione virale rara in Europa segnalati in Spagna e Portogallo, pochi giorni dopo quelli registrati in Gran Bretagna. La trasmissione all’uomo è difficile, ma la mortalità è molto alta.

“Identificato allo Spallanzani di Roma il primo caso vaiolo delle scimmie in Italia”. A comunicarlo è l’istituto Spallanzani in una nota a cui si aggiungono poco dopo altri due casi sospetti. “Si tratta di un giovane adulto tornato dalle isole Canarie che si era presentato al Policlinico Umberto Primo. Il quadro clinico è risultato caratteristico e il virus è stato rapidamente identificato con tecniche molecolari e di sequenziamento genico dai campioni delle lesioni cutanee. La persona è ricoverata in isolamento in discrete condizioni generali. Sono in corso indagini epidemiologiche e il tracciamento dei contatti, altri due casi sospetti in fase di accertamento”.

Cosa sappiamo

Un caso confermato anche in Italia, un giovane tornato dalle Canarie ricoverato all’ospedale Spallanzani (e altri due casi sospetti), mentre anche dagli Usa arriva la prima segnalazione, e l’allarme si diffonde. In attesa che le autorità facciano le verifiche necessarie per confermare i casi sospetti, sembra ormai evidente che ci sia un’epidemia di vaiolo delle scimmie in tutto il mondo.

Per ora ci sono 15 casi confermati in Europa (erano 14 prima dell’annuncio di questa mattina dello Spallanzani), in particolare nel Regno Unito, in Spagna e in Portogallo. Sono allo studio altre 24 persone potenzialmente infette. Il virus è più comune nell’Africa Centrale e Occidentale, dove la trasmissione avviene generalmente dal contatto diretto con animali infetti.

Ma il virus può anche essere diffuso attraverso il contatto diretto con lesioni infettive della pelle, o dalla tosse e dagli starnuti di qualcuno che presenta un’eruzione cutanea da vaiolo delle scimmie. Fino a un caso su 10 è fatale, ma il ceppo che si diffonde a livello globale è più mite e si pensa che abbia un tasso di mortalità di circa uno su 100, simile a quello di Covid-19 all’inizio della pandemia. I casi di questa attuale epidemia sembrano riguardare maggiormente gli uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini.

Il Regno Unito, dove è stato segnalato il primo caso in Europa, è il sorvegliato numero uno dalle autorità sanitarie americane, preoccupate dai viaggi frequenti fra i due paesi. La catena di trasmissione nel Regno Unito è ancora “sconosciuta”. In Gran Bretagna, solo un caso è collegabile a un viaggio in Nigeria. Due casi e una probabile infezione sono legati a un nucleo familiare, mentre gli altri quattro casi sono stati rilevati in uomini omosessuali o bisessuali.

Il Portogallo ha individuato cinque casi di virus e ne sta indagando altri 15 e tutti riguardano uomini giovani. Non è ancora chiaro come abbiano preso il virus. La Spagna sta valutando otto persone, tutti uomini omosessuali e bisessuali. Le persone infette dal virus mostrano sintomi entro cinque e 21 giorni. Le persone che contraggono il virus possono soffrire di febbre, mal di testa, dolori muscolari, mal di schiena, linfonodi ingrossati, brividi e stanchezza. I sintomi più insoliti includono un’eruzione cutanea che spesso inizia sul viso prima di diffondersi ad altre aree del corpo.

Le infezioni sono normalmente lievi, con la maggior parte dei pazienti che guarisce entro poche settimane. Ma in alcuni casi può diventare mortale con un ceppo che uccide fino al 10 per cento delle persone che infetta.

Non esiste un trattamento specifico, ma il vaccino contro il vaiolo fornisce una certa protezione. Un vaccino, Jynneos, è stato autorizzato per prevenire le infezioni da vaiolo delle scimmie negli Stati Uniti. Il vaccino ha dimostrato di essere efficace per circa l’85 per cento nel prevenire l’infezione da vaiolo delle scimmie. Antivirali e sangue prelevato da individui vaccinati contro il vaiolo possono essere usati per trattare i casi gravi.

Lopalco: “No agli allarmismi”

Un invito a non alimentare allarmismi sulle recenti segnalazioni, in Europa e in Nord America, di diversi casi umani di “vaiolo delle scimmie” (monkeypox) arriva dall’epidemiologo Pier Luigi Lopalco. “Prima che si alzi un nuovo polverone mediatico e si dia il via ai puntuali commenti discriminatori e complottisti, cerchiamo di capire di cosa si tratta”, afferma.

In particolare, ad oggi, come spiega lo studioso pugliese, sono stati segnalati casi in Inghilterra, Spagna e Portogallo, mentre “un caso è stato anche riportato negli Stati Uniti (Massachusetts) in una persona che aveva viaggiato in Canada”. Lopalco precisa: “Il primo caso segnalato in Inghilterra si riferiva ad un viaggiatore di ritorno dalla Nigeria. La maggior parte di questi casi non sono apparentemente connessi fra loro, ma per alcuni è evidente la trasmissione diretta per contatto persona-persona. Il virus monkeypox (MPV) è un virus ‘cugino’ del ben più famoso virus del vaiolo umano (smallpox). Dico cugino perché probabilmente entrambi condividono un antenato comune che potrebbe essere il virus del vaiolo bovino. Infatti, il vaccino contro il vaiolo, costituito proprio con il ceppo bovino, è efficace anche contro le forme di MPV”.

“Quest’ultimo fu identificato per la prima volta nel 1958 in Danimarca – spiega ancora Lopalco – in un gruppo di scimmie che arrivavano da Singapore. L’anno dopo un focolaio epidemico simile fu segnalato a Philadelphia. Nel 1964 nello zoo di Rotterdam diversi animali, scimmie e roditori, si ammalarono di vaiolo e alcuni esemplari morirono. Sembra che il virus fosse arrivato nello zoo per via di un formichiere importato dal Sud America. Un’altra epidemia nel 2003 negli Stati Uniti fu causata da roditori importati dal Ghana che infettarono roditori locali (cani della prateria) i quali a loro volta causarono ben 47 casi nell’uomo”.

Dopo queste premesse, Pier Luigi Lopalco rassicura: “L’uomo si infetta raramente con il MPV. I casi umani riportati fino ad oggi si riferiscono principalmente ad infezioni accidentali in laboratori o allevamenti che ospitano animali infetti o in viaggiatori che hanno soggiornato in zone endemiche dell’Africa sub-sahariana, in particolare Nigeria e Repubblica Democratica del Congo. Il virus si trasmette da uomo a uomo con difficoltà. Il contagio può avvenire per contatto diretto con le lesioni cutanee, con fluidi corporei ma anche con indumenti o biancheria contaminata. Nella fase acuta potrebbe anche trasmettersi attraverso droplet e pertanto sarebbe necessario un prolungato contatto faccia a faccia. Per questo motivo, ogni segnalazione nell’uomo si è riferita sempre a piccoli focolai auto-limitanti”.

Citando, quale fonte scientifica, i “Centers for disease control and prevention” (Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie), Pier Luigi Lopalco, descrive la sintomatologia. Dopo un periodo iniziale caratterizzato da sintomi simil-influenzali, la malattia si manifesta con eruzioni cutanee del tutto simili a quelle del vaiolo: vescicole che si trasformano in pustole e poi si seccano dando luogo ad una crosticina, talvolta lasciando anche una piccola cicatrice. La malattia dura fra le 2 e le 4 settimane.

Nel corso delle più estese epidemie registrate in Africa (parliamo degli anni ’80) la letalità ha raggiunto il 10% dei casi sintomatici. “La vaccinazione contro il vaiolo che quelli della mia età hanno fatto da bambini – sostiene Lopalco – non è efficace nel prevenire la malattia. Dal 1980, da quando cioè il vaiolo umano è stato definitivamente eradicato, il vaccino contro il vaiolo non si usa più su larga scala. E’ oggi ancora disponibile un vaccino contro il vaiolo (in Europa si chiama Imvanex)”

“Il motivo per cui si produce ancora, nonostante il vaiolo sia stato eradicato, è legato ad un suo possibile utilizzo in ‘circostanze eccezionali’. Non ci vuole molta fantasia a pensare che ci si riferisca ad ipotetici atti di bioterrorismo e simili. Questo vaccino, però, si è dimostrato efficace anche contro il MPV, per cui è indicato per coloro che possono essere esposti al virus per motivi professionali

“Spero che questa informazione – prosegue l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco – possa essere utile ad evitare di dire scemenze sull’immigrazione dai Paesi africani, di chiamare in preda al panico il proprio medico perché ci è spuntato un foruncolo, di ipotizzare alcun legame né col Covid-19, né con i vaccini. Importante invece che chi abbia avuto comportamenti a rischio nelle ultime settimane, soprattutto in occasione di viaggi all’estero, stia attento ai primi segni della malattia e quindi eviti di contagiare le persone a lui vicine”.

Agi

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