SOS pericolo anomia: intervenire, prego

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identità

Da internet, radio, quotidiani, televisione e media il bollettino di misfatti giunge come quello di una guerriglia e dei suoi eventi. La povera bimba, la povera donna, il povero turista, lavoratore, il povero delinquente. L’ordine di scuderia è: politically correct e tutto si aggiusterà.

Ogni disgraziatissimo evento è trattato come se fosse un episodio sconcertante in un mondo cui manca solo la musica del flauto di Pan per essere perfetto. Indignazione per lo stupro, costernazione per il brutale assassinio, afflizione per il suicidio, mortificazione per trattamenti indegni di esseri umani, smarrimento per mancanza di adeguate punizioni per i più efferati crimini. Pillole sconvolgenti, tre volte al dì, ore pasti. Masticare bene e deglutire. Basta un poco di zucchero e la pillola va giù. Magari. Qui ci vuole un diagnosta. Caro dottor House, chiama Kildare, Manson e il medico in famiglia. Fate pure un consulto, ci mancherebbe, ma la diagnosi brilla come un neon nella notte. I greci, quelli cui Achille inflisse infiniti lutti, avevano sempre un termine adatto ad ogni situazione: trattasi di anomia.

Quell’assenza di regole nel comportamento dei singoli, che con piaggeria politica si contrabbanda per libertà. Le istituzioni politiche non riescono a coordinare diverse attività e diversi valori ognuno per la sua natura. L’istituzione religiosa non naviga in mari migliori. Se tutto va bene siamo rovinati. In un passato più o meno prossimo la spiegazione sarebbe stata il processo di secolarizzazione o laicizzazione della società. Oggi invece è anomia.

Larghi strati della società non contrastano né contestano fede e convinzioni, non contestano leggi o norme dello stato. Sic et simpliciter le ignorano. Soluzione facile e senza sforzi. Pigrizia. Vizio capitale che neanche Dante volle punire nel suo inferno. Anomia. E cari saluti alla weltanschauung.

In Italia come in Europa si sta verificando l’irreversibile processo di perdita di religiosità in presenza di un vuoto di analisi e di certezze teologiche, dottrinali e pastorali capaci di rispondere all’anoressia per il trascendente. La politica italiana, afflitta da astruso complesso di provincialismo, considera il processo di allontanamento dall’identità come la via per la modernità e apertura. Apologia del mappazzone unico. Alla faccia dell’urlo stridulo dello chef master dei master. Con ottima pace di antichi patrioti, cospiratori, carbonari, giudici, santi, politici e cittadini semplici e senza gradi che furono disposti a morire, in ogni tempo e in ogni nazione per il proprio ideale.

È il momento dell’areligiosità, e della lontananza dalla politica perché religiosità e politica contengono regole. Coesione e omogeneità, che una volta erano proprie del Cristianesimo o della PoliticaconlaPmaiuscola, si attenuano sempre di più e questa è la vera, grande criticità di questi anni. È la grande debolezza del continente europeo rispetto a chi è dotato, invece, di fermezza coerente e inamovibile, basata su regole, e che, osservando la nostra anomia, non ci ritiene neanche avversari degni. Pensa te.

Intellettuali d’ultimo grido declamano che ignorare le regole sia segno di autonomia, d’indipendenza, di progresso e riscatto. Accidentolina. Anomia per tutti. Tutti dritti verso il burrone.
La cultura occidentale e quella orientale non sono uguali, senza giudizio di merito, e non sono sovrapponibili. Solo un genocidio culturale potrebbe ottenere l’uguaglianza, e il risultato sarebbe un devastante squilibrio. La linea ferrata ha una tipologia costruttiva che vede i profilati metallici in acciaio montati parallelamente su una struttura portante, la traversa, per mezzo di sistemi di fissaggio differenti. Trasporre il meccanismo, prego. Se uno dei due profilati è debole e si spezza, il treno deraglia ed è disastro.

Il treno della evoluzione delle società ha bisogno di identità culturali forti, parallele e non evoluzione delle società ha bisogno di identità culturali forti, parallele e non sovrapponibili sulle quali far correre la propria locomotiva.

Di Fabiana Gardini

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