Art Dubai è la prima grande fiera post-pandemia che si è tenuta fisicamente, dal 29 marzo al 3 aprile 2021. In un periodo durissimo per gli eventi di questo genere, con poche aspettative di accogliere un pubblico internazionale, la fiera – alla sua 14ª edizione – ha convinto gli espositori a partecipare condividendo con loro il rischio d’impresa. Le gallerie, infatti, non hanno pagato l’affitto dello stand prima della fiera, come solitamente si fa, ma lo hanno pagato solo in caso di vendite. In questa evenienza hanno versato il 50% di ogni transazione fino a raggiungere la cifra dovuta (circa 16.000 dollari per uno stand di 25 mq), il resto è rimasto alla galleria. “In questo modo la fiera diventa partner delle gallerie – ha spiegato ad Arteconomy24 il direttore Pablo del Val, – siamo qui per lo stesso scopo e alleggeriamo la pressione sui galleristi. È un sistema basato sulla fiducia, se non vendono nulla, non pagano nulla”.
Le vendite in fiera
Già nei primi giorni sono state comunicate alcune vendite: un’opera dell’artista greca Sophia Varia per 100.000 dollari da Custot Gallery di Dubai, mentre l’italiana Continua ha venduto una serie di opere di Shilpa Gupta ad un’istituzione per 50.000 dollari. Il francese Perrotin, alla sua prima partecipazione ad Art Dubai, ha venduto un’opera di JR a 65.000 dollari; Kristin Hjellegjerde Gallery (Londra/Berlino) due opere dell’irachena Afifa Aleiby – un’artista riscoperta – per 50.000 dollari l’una e Ronchini Gallery di Londra un’opera di Rebecca Ward per 20.000 dollari.
I visitatori sono stati 18 mila su sei giorni. Le gallerie erano 50 da 31 paesi.
Le gallerie italiane
“Abbiamo preso parte alla fiera per dare il nostro sostegno, perché vi partecipiamo fin dalla prima edizione” ha dichiarato Lorenzo Fiaschi di Galleria Continua. “Sinceramente non avevamo grandi aspettative; invece, è andata davvero molto bene. Il pubblico era eccitato e partecipe, la prima fiera in presenza dopo tanto tempo era sicuramente molto attesa. La difficoltà negli spostamenti e il blocco di molti voli aerei ha penalizzato l’afflusso di pubblico dall’estero, ma il pubblico locale era comunque di provenienza internazionale, dal momento che negli Emirati vivono persone che vengono da tutto il mondo. L’organizzazione è molto buona”.
“In un periodo come quello che stiamo vivendo in Italia, partecipare in presenza ad una fiera di questo calibro ha dimostrato che si possono concepire modi alternativi di vivere il mondo dell’arte” ha commentato Giorgio Persano, altro gallerista italiano che ha partecipato. “La possibilità di incontrare persone, condividere idee e creare connessioni è una componente fondamentale del lavoro di una galleria. Questa edizione della fiera, nonostante le sue limitazioni, ha ottenuto ottimi risultati in termini di partecipazione, interesse del pubblico, nuovi network. Relativamente a quest’aspetto, una novità interessante di questa edizione è stata la scelta di posizionare la fiera nel Financial District, permettendoci di intercettarne gli interessi”.
Le sfide
Per i galleristi che non hanno potuto presenziare in fiera, circa sette, l’ente ha messo a disposizione un rappresentante locale senior e tecnologie per il collegamento online. Inoltre, per poter aprire rispettando le norme anti-Covid, la fiera ha cambiato location – decisione presa in seguito al picco di contagi a Natale – e si è spostata in un edificio temporaneo appositamente costruito al DIFC, il distretto finanziario. “Ci ha aiutati il fatto che siamo a Dubai” così il direttore, “dove il 60% della popolazione è vaccinata e dove si trovano collezionisti che in seguito alla pandemia si sono concentrati molto di più sulla realtà locale, mentre prima erano distratti dalla scena internazionale. Inoltre, sono emersi nuovi giovani collezionisti e altri che si sono temporaneamente trasferiti a Dubai per il lockdown”.
I trend nell’arte
A livello artistico, uno dei trend emersi tra gli stand della fiera è la forte presenza della figurazione sia con gli artisti africani con ritratti “politici”, che denunciano il potere dell’iconografia bianca e sfidano al cambiamento, sia mediorientali, contro ogni pregiudizio sul fatto che l’arte di queste regioni sia prevalentemente astratta. “La fiera di quest’anno si è concentrata molto di più sull’arte” spiega Pablo del Val. “Non ci sono stati momenti di intrattenimento e ricevimenti, ognuno si poteva prenotare il suo slot e concentrarsi sulle opere con un numero limitato di visitatori in ogni stand, senza rumori”. D’altro canto, per Pablo del Val il futuro delle fiere non è online. “La presenza fisica non può essere sostituita, le Online Viewing Rooms funzionano per le opere che già si conoscono, o quelle di fascia bassa, ma non per scoprire nuovi artisti”.
Il pubblico internazionale
Tra i visitatori internazionali rappresentanti di istituzioni come il Garage Museum di Mosca, la Tate di Londra, l’Aga Khan Museum di Toronto e il Museum of Contemporary Art di Cleveland. Anche il collezionista italiano Emilio Bordoli è volato a Dubai per la fiera. “Una fiera piccolina – ha commentato – ben organizzata, con molto coraggio, considerati i tempi. L’offerta artistica è condizionata dai gusti dei collezionisti locali e, quindi, forse poco stimolante per gli europei. Anche le gallerie europee adattano la loro offerta alla richiesta locale. Detto questo, è stato un primo segnale di ritorno alla normalità, che ha fatto molto molto bene”.
In vista di Expo
L’immagine di un luogo sicuro e spensierato, dove si è tornati alla normalità, fa gioco al governo degli Emirati, che sta spingendo in questa direzione, anche in vista dell’Expo, che si aprirà il 1° ottobre, con un anno di ritardo a causa della pandemia. La pubblicità promossa attraverso social media e influencer ha scatenato accese polemiche, per esempio in Germania, dove è stata oggetto di satira e dibattiti.