Molestie Piazza Duomo: i ‘perché’ tra sinistra, Fratelli Musulmani e Qatar (parte 1)

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Molestie in Piazza Duomo a Capodanno
(Fonte: "Il Giornale")

Molestie Piazza Duomo: la notte di Capodanno, in Piazza Duomo a Milano, è avvenuto un fatto gravissimo, nel caso ce lo fossimo dimenticati: almeno 11 ragazze e donne, italiane e due tedesche, comunque tutte occidentali, in cinque episodi differenti hanno subito abusi sessuali da parte di una trentina di giovani. Soprattutto italiani di seconda generazione di origine africana, arrivati anche da altre regioni. Al momento gli indagati sono 14 e alcuni provengono da Torino.

Se n’è parlato un po’ i primi giorni; ma poi il COVID con “annessi e connessi” (vaccini e Green Pass e relative polemiche) e le elezioni del Presidente della Repubblica, hanno relegato la cosa in secondo piano. Eppure l’ordinanza di convalida del fermo dei primi due giovani accusati di essere stato tra i fomentatori delle molestie, il 18enne egiziano Mahmoud Ibrahim, residente a Milano, e il 21enne torinese di origine marocchina Abdallah Bouguedra, spiega che gli aggressori hanno agito “con una carica di violenza così brutale che solo grazie all’intervento fortuito di alcuni soccorritori, non ci sono state conseguenze ulteriori e più gravi”.

Oltre che di violenza sessuale di gruppo, i molestatori sono accusati di lesioni e rapina. L’On. Souad Sbai, presidente delle Comunità delle Donne Marocchine in Italia (ACMID – DONNA) e dal luglio scorso responsabile del Dipartimento integrazione e rapporti con le comunità straniere presenti nel nostro Paese della Lega di Matteo Salvini, in quanto donna di origine araba e di cultura arabo – islamica costantemente in contatto con queste comunità, si è detta convinta che un caso del genere sia diverso dalle violenze sessuali individuali o di gruppo commesse da italiani. Perché ritiene che dietro ci sia una regia da parte di chi vuole conquistare il nostro territorio. Ricordate i fatti di Colonia la notte di Capodanno 2016 e ancora prima a Piazza Tahrir al Cairo?

Ora le violenze sono avvenute in Italia e a ben guardare anche in un luogo simbolo del cristianesimo. E’ qualcosa che non può non preoccupare, perché dietro c’è l’integralismo islamico; un’ideologia con un progetto politico, sociale ed economico ben preciso, anche – appunto – di occupazione territoriale vera e propria. Un progetto che i fondamentalisti portano avanti pure con la violenza, ovviamente non risparmiando le donne cristiane o comunque non musulmane. Perciò ‘L’Italia si dovrebbe svegliare’, ho detto di recente l’On.Sbai. In realtà lo grida ormai da anni, ma evidentemente non è stato ancora ben compreso dai governi di sinistra che si sono succeduti.
Se gli aggressori fossero stati in numero esiguo, ciò che è accaduto in Piazza Duomo avrebbe potuto anche non essere qualcosa di orchestrato; ma non è stato così e certo non si sono messi d’accordo sul momento. Il fatto “puzza” troppo di “Taharrush Jama’i” (talvolta impropriamente scritto “Tarrush Gamea”), che in arabo significa “molestia collettiva”. Lo stesso termine usato dalla polizia a Colonia e al Cairo. La “Taharrush Jama’i” è diffusa soprattutto nel mondo arabo, ma anche in altri Paesi islamici. Ricordiamo che è un tipo di violenza molto subdolo e difficilmente visibile, perché le vittime vengono accerchiate tre volte: il cerchio più interno è quello dei soggetti che compiono materialmente gli abusi; del secondo fanno parte coloro che guardano e filmano la scena (e, a proposito di questo, le immagini al vaglio degli inquirenti hanno mostrato ragazzi che andavano letteralmente all’assalto delle ragazze!) e il terzo “si premura” di tenere alla larga e distrarre l’altra gente, in modo che non si accorga di nulla. Ci sono persino uno o due soggetti che fingono di salvare la malcapitata, per inibire ogni sua possibilità di difesa.

Episodi simili possono avvenire perché prima di tutto spesso i ragazzi di seconda generazione covano una sorta di rancoroso disagio e vivono in una sorta di marginalità. Capita che abbiano vissuto un trauma; sono alla ricerca di una propria identità (così possiamo avere ragazze che “scelgono” di indossare l’hijab, mentre le madri e le nonne non lo portavano o lottavano per non portarlo!); hanno subito discriminazioni o hanno problemi economici. Non c’è un “identikit” preciso di costoro, ma sono sulla strada del jihad nel senso più triste e purtroppo più noto del termine. Esistono jihadisti che erano già criminali; che si sono laureati; che svolgevano un lavoro di tutto rispetto; adolescenti, ma anche persone sulla cinquantina; convertiti che conoscono bene l’islam, ma non necessariamente; uomini e purtroppo sempre più donne. E’ fondamentale conoscere le loro storie, per capire i motivi per cui si sono radicalizzati: si tratta comunque di un mezzo per combattere il terrorismo di matrice islamica. L’altro è sapere che c’è qualcuno che getta benzina sul fuoco delle situazioni di disagio, facendo cambiare le tue idee e il tuo comportamento fino ai livelli estremi che abbiamo visto o ancora peggio. Sono sufficienti anche 3-4 settimane di indottrinamento.

La persona che ha già a che fare con la delinquenza, ritiene di trovare nell’islam e addirittura nelle organizzazioni terroristiche, un pretesto per ribellarsi “al sistema”; un modo per “fargliela pagare”. C’è una seconda fase, che implica un’identificazione con una cultura diversa dalla propria, che porta a cambiare i propri comportamenti anche con gli altri (per esempio isolandosi da loro e disprezzandoli) diventando ideologia. Qui inizia la terza fase, quella che l’On.Sbai chiama di “sperimentazione ideologica”: avviene quando la persona inizia ad accostarsi all’ideologia, avendo ancora a disposizione poche conoscenze e pochi strumenti della nuova realtà (i suoi simboli, per esempio). Nella quarta fase, che si può chiamare della “manifestazione”, la persona ha interiorizzato “bene” l’ideologia jihadista e si sente pronta a convincere gli altri che quella sia la soluzione di ogni male sociale: a questo punto inizia l’attività di reclutamento. Per finire, la quinta fase è quando ci si spinge alla violenza, al terrorismo.
In questo (a parte le moschee) gioca un ruolo fondamentale il web; con predicatori violenti, magari affiliati ai famigerati Fratelli Musulmani, finanziati dal Qatar e dalla Turchia (esiste un documento che svela il loro progetto!). Questi fanno il lavaggio del cervello ai giovani, portandoli a voler creare realtà contrastate anche nei Paesi d’origine. E’ come se decidessero di fondare anche nei luoghi in cui sono nati, uno Stato nello Stato: uno Stato Islamico; un Califfato come quello fondato dall’Isis in Siria, in Iraq e nei Paesi dove è avvenuta la fasulla “Primavera araba”, che ha rovesciato i regimi precedenti. Tuttavia ciò è avvenuto anche in moltissimi quartieri francesi, inglesi, danesi, svedesi, tedeschi, belgi e olandesi (un po’ di tutta Europa, insomma!), dove dove è stata imposta la shar’ia, la legge islamica, facendoli diventare dei veri e propri ghetti identitari. Infatti si parla di fenomeno del “separatismo”. In Italia, per tornare “a noi”, certi soggetti non sono isolati e puniti a dovere.

Alessandra Boga

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