La Donna Romana

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donna romana

La donna romana cominciava dalla nascita ad affrontare mille difficoltà per la sua sopravvivenza. In età traianea in una città dove le persone ammesse all’assistenza alimentare erano 179, 145 maschi e solo 34 femmine.

Il che dimostra quanto la condizione femminile fosse considerata al di sotto di quella maschile, sia pur sempre migliore di quella greca, dove era alla stregua di una schiava. La donna era considerata un essere inferiore, con pochissimi diritti e totalmente sottomessa prima al padre e ai fratelli, poi al marito.

Quando vennero rapite le Sabine nel famoso ratto, le donne, che avevano conservato molti tratti della vita matriarcale, accettarono di andare spose solo a certi patti che i Romani accettarono:

  • le sabine non avrebbero mai dovuto lavorare per i loro mariti, salvo filare la lana;
  • per la strada gli uomini dovranno cedere loro il passo;
  • nulla di sconveniente sarà detto a loro o in loro presenza;
  • nessun uomo potrà mostrarsi nudo davanti a loro;
  • i loro figli avranno una veste speciale (praetexta) e un ciondolo d’oro (bulla aurea).

I Romani promisero ma presto dimenticarono.

ESPOSIZIONE DELLE FEMMINE

La sproporzione tra maschi e femmine derivava da un lato dall’ingiustizia sociale che preferiva aiutare i maschi anzichè le femmine, e poi dall’uccisione delle neonate, per l’antichissima usanza della pubblica esposizione. Con l’avvento del patriarcato le donne non possono combattere, e pertanto sono di peso e vanno eliminate, o tenute quel tanto che serve per procreare. Nel duro passaggio dalla libertà delle donne sabine alla semi schiavitù romana, i Romani ebbero la meglio e le leggi sabine che proteggevano le donne scomparvero.

In realtà le donne sapevano benissimo combattere come dimostrarono parecchi popoli barbari, vedi i Liguri, di cui Cicerone scrive che le donne combattono a fianco dei loro uomini e non sono meno abili nè meno coraggiose di loro. Ma una donna che fa la guerra non può essere sottomessa in tempo di pace.

Ne sanno qualcosa gli israeliti che dominavano totalmente le donne, fin quando non furono costretti a farle combattere, accerchiati com’erano da popoli ostili. Da allora il rapporto uomo donna è totalmente cambiato tanto che è diventato equalitario, più che negli USA, dove è più equo che in Italia.

Le sabine però lasciarono la loro impronta, perchè le donne romane non furono totalmente schiave come le greche, segregate come in cella nel gineceo senza alcun diritto. Anzi rispetto alla stragrande totalità delle donne barbare erano privilegiate. Un’altra impronta la lasciarono gli Etruschi, dove le donne erano nei diritti quasi uguali agli uomini.

Virgilio nell’Eneide scrive della volsca Camilla, che durante la guerra contro Enea guida il suo popolo combattendo a cavallo, accompagnata da una schiera di vergini guerriere, le amazzoni.

Un tempo le donne combattevano ed erano fiere, lo testimonia anche Cesare che dichiara in Senato, a chi lo accusa di essere donna per la sua omosessualità, che le amazzoni erano donne, eppure avevano dominato l’Asia, non lo cita come un mito ma come un accaduto.

Nel patriarcale mondo romano il rapporto tra i sessi era cambiato. Si nasceva ufficialmente solo con il rito del riconoscimento. Dopo il parto il neonato veniva deposto in terra.

Se il capofamiglia lo sollevava in aria con gesto rituale, veniva accolto come figlio legittimo dalla famiglia e dalla società, altrimenti veniva esposto, cioè abbandonato nella strada.

I neonati più a rischio di esposizione erano i deformi, gli illegittimi e le femmine.

Ma altrove non era diverso, anche nella civile Atene. Il commediografo greco Posidippo indicò la regola degli Ateniesi:
un figlio maschio lo si alleva sempre anche se si è poveri. Una femmina la si espone anche se si è ricchi.”

In una commedia di Terenzio un tale dichiara tranquillamente alla moglie incinta che se metterà al mondo una femmina la dovrà esporre perché lui non la vuole.
Si è spesso criticato Sparta, che gettava dalla rupe i neonati deformi. Ma un’antichissima legge, attribuita a Romolo, obbligava il padre a mostrare i neonati maschi che voleva esporre a cinque vicini, i quali dovevano giudicare se malformazioni o gracilità ne giustificassero l’esposizione. Ma le neonate anche di robusta costituzione venivano esposte senza alcuna formalità. Romolo allora per evitare il loro eccessivo abbandono impose di allevare almeno le primogenite.

Una domanda: ma se i Romani fecero “il ratto delle Sabine” perchè mancavano le donne, come mai le ammazzavano da neonate?

I conti non tornano, anzi il ratto non conta, e il mito è un mito, i Romani assalirono i Sabini prendendole e dandole di santa ragione, per cui alla fine decisero di unire i popoli anzichè ammazzarsi tutti nelle battaglie.

Augusto del resto farà esporre il figlio della nipote Giulia, condannata all’esilio per adulterio, e Claudio abbandonerà, completamente nuda davanti alla porta della moglie ripudiata, la figlia Claudia, quando avrà scoperto che era stata concepita da un liberto.

Ciononostante durante l’impero le donne verranno in parte riscattate, istituendo la dote per esempio, che restava alla donna se ripudiata, consentendo loro di sfuggire alla tutela maritale e concedendo loro il divorzio. Il Cristianesimo toglierà alle donne la libertà conquistata, e ci vorranno ben duemila anni perchè venga loro restituita. E ad opporsi sarà sempre la Chiesa. Per duemila anni fu impedito il divorzio alle donne, ma non stupitevi, perchè 2500 anni fa le donne greche avevano diritto di voto, ovviamente retaggio matriarcale, e a toglierglielo furono gli stessi ateniesi.

romanoimpero

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