Intervista a Houda Ameur, che sabato sarà premiata per la sua autobiografia “Quando la forza supera il dolore”

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Sabato 11 giugno, presso il “Centro Culturale Candiani” di Mestre (Venezia), nell’ambito del “Premio Intercontinentale di Arte Letteraria ‘Le Nove Muse'” verrà consegnato alla Dottoressa Houda (Giulia) Ameur, psicologa criminale e mediatrice penale minorile, grande amica di “Al – Maghrebiya”, collaboratrice dell’Associazione delle Comunità delle Donne Marocchine in Italia (ACMID – DONNA) e nominata “Ambasciatrice di Pace” dal “Centro Alti Studi Averroè”, entrambi enti presieduti dall’ex parlamentare Souad Sbai, il primo premio categoria “Voci dal Mondo – Autori Stranieri” per la sua autobiografia “Quando la forza supera il dolore” (“Armando Editore”, febbraio 2021). Ha anche pubblicato sette poesie.

“Houda, innanzitutto complimenti per il premio. E’ un segnale importante per le donne e in particolare per le donne di origine non italiana nel nostro Paese”.

R. “Grazie per i complimenti. Sono veramente contenta e allo stesso tempo frastornata, per l’eco e il successo che che il mio libro hanno avuto. Anzi, come direbbe Carmen Consoli “Confusa e felice”! Questo però non vuol dire che io non sia fiera ed orgogliosa di me stessa…. Per me è un riscatto e una rivincita. Direi che sì, essersi distinte, lasciando un’ impronta nella società in cui si vive, è un segnale positivo per tutte le donne in generale e per le donne non italiane in particolare. Usciamo dal ruolo delle vittime e prendiamoci quello che è nostro… Libertà, sogni e vita e successo!”

D. “Vuoi raccontarci un po’ la tua storia?”

R. “Sono di origine marocchina e ho alle spalle una storia ‘forte’, ‘potente’ e terribile; una storia di dolore, violenza, abusi, umiliazioni e pedofilia, subiti fin dalla più tenera età persino da chi si doveva prendere cura di me. Ho vissuto in un mondo dove le donne possono diventare “spose bambine”; un mondo dove una bambina di 6 anni viene costretta a portare il hijab e vestiti lunghi e larghi per non stuzzicare l’appetito ai maschi, soprattutto quelli di casa sua; un mondo in cui gli stupratori vengono assolti mentre le vittime vengono considerate colpevoli per aver catturato lo sguardo e l’attenzione degli uomini solo perché donne. Ho vissuto in un contesto in cui il Corano viene interpretato in modo sfavorevole per le donne e sembra che non ci siano vie di uscita oltre alla morte. La mia storia però è emozionante anche perché è piena di speranza: la speranza di un futuro diverso, pieno di libertà e autonomia.

D. Che messaggio ti senti di dare alle donne e alle ragazze che si trovano in una situazione come quella in cui ti sei trovata tu? In Italia sappiamo che ce ne sono molte …

R. “Vorrei lanciare un grido di denuncia in nome di tutte le donne che come me nel mondo arabo e islamico sono o possono essere vittime di una mentalità maschilista e prepotente, dove le donne non sono nulla. Il messaggio che mi sento di dare alle donne che si trovano in situazioni come quella in cui mi sono trovata, è mai perdere la speranza perché riusciranno a tramutare quel dolore in forza, come scrivo già nel titolo del mio libro. Anzi, sarà il dolore a forgiarle e a renderle più forte e capaci di prendere in mano la propria vita per condurle verso un futuro migliore”.

Alla premiazione saranno presenti Marina Pratici, poetessa, critica letteraria e saggista, Hafez Haidar, docente, scrittore e traduttore di origine libanese candidato più volte ai Premi Nobel per la Letteratura e per la Pace, e la docente e poetessa Isabella Sordi. Giurati, altri autori quali Adriana del Carvalho Masi, Gennaro Di Leo, Lorenzo Masi, Stefano Massetani, Olivia Novello, Carlo Pernigotti e Cristiana Vettori.

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