Presentazione del libro “La mediazione sociale e interculturale in contesto di migrazione” del prof. Salvatore Bucolo, con la prefazione di Souad Sbai

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Si è svolta ieri presso l’aula consiliare del Comune di Fondachelli Fantina in provincia di Messina la presentazione del libro denominato “La mediazione sociale e interculturale in contesto di migrazione” del prof. Salvatore Bucolo, con la prefazione della giornalista Souad Sbai, già parlamentare della Repubblica italiana e Membro dell’Osservatorio al Ministero della Cultura. Ad aprire la serata è stato il Sig. Sindaco
del Comune di Fondachelli Fantina dott. Marco Pettinato (Medico anestesista), a seguire l’Assessore alla Pubblica Istruzione prof.ssa Gioconda Grasso, la quale si è soffermata sull’importanza della figura dei mediatori culturali e linguistici.

La parte tecnica, invece, è stata affrontata dal chiarissimo professore Antonino Romano (Ordinario di Antropologia presso l’UPS), il quale si è così espresso: “L’oggetto di ricerca scelto dal saggista Bucolo: “La mediazione sociale e interculturale in contesto di migrazione” è quanto mai attuale ed urgente per la nostra Sicilia e per il territorio messinese. Tale argomento è decisamente pertinente per la dimensione pedagogica, anche se la produzione scientifica su di esso non è ancora adeguatamente sviluppata ed appare meno attraente e conosciuta, rispetto ad altre più specialistiche; è un argomento che ha richiesto al prof. Bucolo un’attenta riflessione che è stata supportata da intense operazioni di autoformazione specifica soprattutto nel settore dell’analisi qualitativa. Il presente saggio rappresenta un tentativo ben riuscito di riflettere scientificamente “sull’esperienza locale di diversi Centri per immigrati in Sicilia per cogliere le best practices e la loro importanza in chiave di innovazione”.

Il volume nel suo insieme persegue gli obiettivi di ricerca che sono stati esposti nell’ipotesi e nello status quaestionis. Il saggio che presentiamo ai Lettori, partendo dagli elementi “culturali”, e non esclusivamente tecnici, ritiene che possano aprirsi diverse ipotesi di lavoro e di intervento educativo riguardanti la mediazione nel conflitto. Dopo una fase previa di approfondimento circa la delimitazione del tema, il prof. Bucolo ha sviluppato l’argomento bilanciandolo in modo corretto entro una cornice di ricerca ben definita. La lettura del volume fa apprezzare lo sforzo messo in atto per la trattazione dei contenuti e la coerenza dell’insieme. La coerenza, la personalizzazione e la chiarezza del testo sono il frutto di un intenso lavoro che presenta novità di rilievo, anche sotto il profilo bibliografico. La tipologia della ricerca ha tenuto conto anche delle ipotesi teoriche già conosciute in letteratura, soprattutto nella considerazione della abbondante letteratura pedagogico-sociale che è stata realizzata in questi anni in Sicilia. Il volume offre una panoramica di full immersion teorica nel primo capitolo dove si analizzano alcuni concetti fondamentali come mediazione, conflitto e cambiamento. La mediazione interculturale è vista sotto il profilo dello studio del conflitto delle nuove realtà sociali e nella reinterpretazione degli equilibri sociali ed istituzionali. È necessario studiare anche i canali ricostruttivi della mediazione e gli strumenti per operare il cambiamento. A questo riguardo, viene focalizzato il tema della mediazione in contesto interdisciplinare a livello delle principali teorie affermate, approfondendo nel contempo il ruolo del mediatore tra teoria e prassi. In Italia ormai è viva la necessità di una diffusione delle pratiche di mediazione nei diversi contesti del vivere sociale ma, occorre abbandonare la convinzione errata che «la mediazione sia solo una tecnica di gestione dei conflitti e, quindi, più che altro capace di sollevare un interesse specialistico in alcuni esperti o addetti ai lavori. Roba da psicologici o giù di lì». Sono loro, in effetti, che ne parlano
circoscrivendo spesso l’ambito di intervento, come nel caso del trattamento del conflitto familiare. In tal modo, si dà l’idea che i requisiti di competenza necessari si iscrivano quasi esclusivamente nell’ambito di questa materia. Agli psicologi si sono poi affiancati i giuristi ed altri specialisti. In altre parole, la mediazione sociale appare un settore specialistico e poco aperto con la conseguenza che «della mediazione si
sono esaltati più gli aspetti tecnici che non gli elementi culturali che ne fanno uno degli approcci possibili al conflitto, capace però di realizzare notevoli cambiamenti di prospettiva e di interpretazione sulla intera materia della conflittualità umana».

Grazie a questa propedeutica concettuale e teorica, il Lettore può addentrarsi nel secondo capitolo per comprendere alcuni aspetti essenziali della questione. Vi sono diverse possibilità di traduzione delle teorie nella prassi educativa e nella mediazione interculturale. Un primo ambito concerne le strategie della mediazione sociali.
Attualmente, questo compito è demandato alla libera creatività del mediatore che non tiene conto delle esperienze che sono state studiate a livello accademico e non tiene conto nemmeno delle teorie affermate. Questa situazione rischia di compromettere l’approccio pedagogico, rischiando di comprometterne l’esito finale. Per questa ragione, l’Autore ha studiato molto bene la questione, mettendo in evidenza l’impatto che le varie esperienze possono avere nei vari contesti dell’educazione tar cui la scuola, la famiglia e il territorio. Considerando, invece, gli elementi culturali, aspetti fondamentali dell’approccio di mediazione, ne viene fuori una dimensione più ampia della mediazione, in quanto si aprono più ipotesi di lavoro e di intervento educativo riguardanti vari settori dell’esperienza umana relativamente al versante conflittuale.

Si pensi ai rapporti di convivenza e di coesistenza tra gente diversa per cultura e origini (quartieri, periferie, città), in cui l’aspetto culturale della mediazione si presenta in tutte le sue sfaccettature implicanti anche una prospettiva teorico pedagogica. Si pensi ai conflitti bellici che transitano sulla terra e in grado «di legare fra loro tutti i popoli», scrive Scatolero, e che comportano una capacità di discernere la tipologia della mediazione da attuare come ad esempio di comprendere qual è la «domanda» che «sollevano coloro che vivono dentro le piccole guerre del vivere quotidiano». Si arriva, quindi, al terzo capitolo che ha concentrata l’attenzione sulla questione cruciale dell’indagine: comprendere a quale teoria fare riferimento, quali modelli devono ispirare l’intervento nella mediazione culturale e quali mezzi e
strumenti devono essere applicati. Due concetti essenziali entrano in profonda mutuazione: emporwerment e advocacy. Questi due aspetti del processo di educazione sono costitutivi nella odierna comprensione a livello internazionale e contribuiscono a creare una nuova mentalità interculturale. Inoltre, sono stati presi in esame i vari stereotipi razzisti che si traducono in termini sociologici di stigma razziale, che è attualmente molto diffuso nel dibattito pubblico e nella comunicazione sociale. In questo caso essa assume un ruolo preventivo, vale a dire costituisce il tentativo di prevenire il conflitto piuttosto che essere un modo di rispondere dopo che il conflitto sia accaduto. Tale aspetto non è trascurabile dal momento che pone la mediazione sociale in un contesto teorico di approccio piuttosto che considerarla solo
sotto il profilo tecnico ed operativo. La qualcosa evita di equipararla ad un «servizio», una sorta di assistenza da aggiungere ad altri servizi definiti dallo studioso italiano «creature sociali» (sindacati, servizi sociali, conciliatori). Il quarto capitolo ha messo in luce gli aspetti costitutivi degli attori della mediazione interculturale: professionisti, educatori, volontari, rappresentanti delle istituzioni territoriali e legali.

In questo quadro sono stati presi in considerazione tutti gli elementi necessari per poter calibrare l’intervento della mediazione interculturale che coinvolge il vasto ambito di operatori nel settore. Tra i vari elementi, è stato necessario approfondire le questioni circa l’approccio delle competenze dei formatori e il rafforzamento delle proprie capacità di base. Un ambito di sintesi è riservato ad alcuni fenomeni ricorrenti come la depressione di tipo professionale poiché mancano capacità di intervento nel delicato settore della mediazione interculturale. In questo nuovo quadro teorico-pratico, è stato indispensabile precisare i compiti professionali che congiungono sia la
competenza educativa sia quella relazione e mediazionale anche dal punto di vista di deontologia professionale. Nel quinto capitolo è stata presentata l’esperienza del Comune di Fondachelli-Fantina (Messina) e di altri Enti presenti sul medesimo territorio. Questa attività è iniziata nel 2014. Il lavoro di educazione professionale e di mediazione interculturale coinvolge diverse figure di attori sociali e professionali
nell’accoglienza di minori immigrati stranieri non accompagnati che sono affidati dagli Organi competenti poiché sbarcati recentemente sulle coste siciliane. Oltre a questi minori, ci sono in altri Centri di accoglienza e SPRAR giovani (neo maggiorenni), adulti e famiglie con minori. Il tema della mediazione sociale comincia infatti già a diventare di pertinenza pedagogica proprio nell’aspetto più problematico
come quello del conflitto di cui esiste già un quadro ampio di riferimenti nell’ambito del discorso pedagogico che considera preponderante, nell’epoca attuale, l’«educazione al conflitto» nel territorio siciliano di Fondachelli-Fantina in provincia di Messina. La mediazione sociale ed educativa appare ormai come ineludibile in vari settori dell’attività umana, tanto da non escludere il contesto delle scuole laddove
spesso i conflitti nascono da una domanda di disagio espressa in vari modi, tra cui lo scontro valoriale che può produrre forme di incomunicabilità e malesseri esistenziali.

Gli attori coinvolti sono sempre più spesso coloro che vivono nelle organizzazioni sociali, nelle istituzioni, nei luoghi di grande interazione dove si generano incomprensioni, intolleranze, disagi di vario tipo. Occorre individuare pertanto il filo teorico che interconnette le forme della mediazione nei contesti educativi, analizzando inizialmente i significati della mediazione, il valore pregnante che assume tale strumento, divenuto spesso un modello operativo applicato e sperimentato con successo. A concludere la serata è stata la dottoressa Giulia Fasolo editrice Smasher, la quale ha portato a conoscenza di tutti i presenti una esperienza personale di vita vissuta.

Redazione

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