Italia: 500 mila imprese rischiano il fallimento

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Italia – Il 43% dei contribuenti non è riuscito a saldare il proprio debito fiscale. Si tratta di circa mezzo milione di imprese e lavoratori autonomi che ora stanno ricevendo dall’Agenzia delle entrate l’intimazione a versare il dovuto entro 5 giorni. In ballo ci sono 2,4 miliardi di somme non riscosse, ma soprattutto la tenuta del sistema economico – Il 14 dicembre scorso (considerati anche i 5 giorni di tolleranza) era il termine ultimo stabilito per versare tutte le rate di rottamazione-ter a saldo e saldo e stralcio scadenti nel 2020 e 2021 e sospese durante la pandemia. Secondo i dati forniti dal sottosegretario al ministero dell’economia, Maria Cecilia Guerra, il 43% dei contribuenti non è riuscito a saldare il proprio debito. Si tratta di circa mezzo milione di imprese e lavoratori autonomi che ora stanno ricevendo dall’Agenzia delle entrate l’intimazione a versare il dovuto entro 5 giorni, senza alcuna possibilità di ulteriore dilazione, pena l’avvio immediato di azioni esecutive. In ballo ci sono 2,4 miliardi di somme non riscosse, ma soprattutto la tenuta del sistema economico. Ovviamente in parlamento si sta cercando una soluzione, l’ipotesi più accreditata sembra essere quella di una riapertura dei termini da inserire con un emendamento al decreto legge Sostegni ter, ma al ministero dell’economia sembrano contrari, non si vuole andare ad un ulteriore sfondamento di bilancio, inoltre molti nel governo tendono a fare l’equazione rottamazione uguale sanatoria uguale condono. C’è quindi anche una pregiudiziale ideologica da superare.

Stiamo parlando di crediti spesso risalenti a più di cinque anni, bloccati con le misure anti-Covid e che ora si ripresentano ai debitori con tutta la loro drammaticità. E con l’inatteso pugno duro dell’Agenzia delle entrate che chiede un pagamento immediato. In mancanza di una soluzione normativa (che comunque non potrà fare altro che spostare in avanti il redde rationem), gli strumenti disponibili per le aziende in difficoltà non sono molti, anzi si riducono sostanzialmente a composizione negoziata e concordato preventivo. La prima ha l’inconveniente di una maggior complessità e della relativa novità della procedura che probabilmente non è ancora stata assimilata da tutti gli operatori coinvolti. La seconda ha il vantaggio di aprire le porte alla transazione fiscale: infatti l’art. 20 del codice della crisi d’impresa ha introdotto la possibilità di richiedere la transazione fiscale senza la necessità del voto della l’agenzia delle entrate. Quindi le imprese potrebbero chiedere e ottenere forti sconti sul proprio debito nei confronti del fisco e l’Agenzia delle entrate non potrebbe opporsi (a certe condizioni, ovviamente). Infatti, di transazioni fiscali se ne stanno già facendo parecchie e ci sono già due corti d’appello (Genova e Lecce) che hanno dato ragione ai contribuenti e torto alle Entrate che si erano opposte alla decisione dei tribunali che avevano omologato le proposte.

Resta il fatto che sembra difficile immaginare mezzo milione di imprese che intraprendono un simile percorso. Una soluzione normativa sembra quindi inevitabile, se non si vuole mandare a catafascio il paese, oppure intasare i tribunali.

Italiaoggi

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