Trentino: tenere aperti gli impianti sciistici costerà il 200% in più

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Trentino: tenere aperti gli impianti sciistici costerà il 200% in più – Il presidente dell’Anef Trentino rivela all’Agi l’analisi sui costi energetici della stagione invernale. Lo skipass giornaliero aumenterà dal 10% al 15% .

 La scure del caro energia si abbatte sulle piste da sci. In montagna le previsioni del costo delle bollette preoccupano molto gli addetti ai lavori. Lì non si può risparmiare abbassando di qualche grado il riscaldamento, l’energia serve, e in abbondanza, per il funzionamento degli impianti di risalita e per l’innevamento artificiale delle piste.

Ecco perché “la maggior parte, se non tutte le aziende impiantistiche, avranno dei bilanci in negativo per la stagione che sta cominciando” spiega in una intervista all’AGI Luca Guadagnini, presidente dell’Anef in Trentino, l’Associazione degli imprenditori funiviari, che raccoglie circa il 90% delle società del settore, parliamo di oltre 1500 impianti.

Fino all’anno scorso “l’energia pesava sui nostri bilanci per il 10%, mentre adesso è arrivata al 30%. E il rincaro non possiamo certo trasferirlo sull’utente finale, andremmo fuori mercato”. Anche se un aumento del prezzo dei biglietti è previsto, e oscillerà tra il “10 e il 15%, al massimo, sullo skipass giornaliero”.

Le previsioni? Ci sono. “Abbiamo fatto una analisi e, in Trentino, quest’anno tenere aperti gli impianti e produrre la neve costerà 30 milioni in più rispetto all’anno scorso, +200%. Dunque, se nella stagione invernale passata il costo dell’energia è stato di 15 milioni, quest’anno è previsto che volerà a 45 milioni”, su un fatturato che l’anno scorso si era attestato attorno ai 150 milioni”.

Per ‘limitare’ il danno potrebbero essere prese altre misure, come aperture ritardate e chiusure anticipate degli impianti. Ma resta il fatto che il bilancio non potrà che essere in perdita, perché su questo “pesa anche un’altra incognita e cioè il minor numero di presenze dovuto proprio alla congiuntura economica negativa. Notiamo già che le prenotazioni alberghiere si stanno accorciando”.

In un’ottica futura si può pensare di puntare maggiormente sulle rinnovabili anche per l’innevamento? “Tutte le nostre aziende hanno già investito sul risparmio energetico. I cannoni che producono neve sono moderni, consumano molto meno di quelli di una decina di anni fa. E lo stesso vale per gli impianti, che nella maggior parte dei casi hanno impianti fotovoltaici integrati. C’è molta attenzione, però la movimentazione degli impianti e la produzione di neve richiedono una potenza enorme che non è possibile pensare di coprire all’interno delle nostre aziende con le energie rinnovabili”.

Dunque, cosa si può fare, qual è il piano B? “E’ da anni in realtà che chiediamo al governo di rientrare, anche magari solo per la stagione invernale, tra le aziende energivore, perché queste godono di maggiori agevolazioni sull’acquisto dell’energia. Cosa che sarebbe già stata importante negli anni scorsi e che adesso è di vitale importanza. Questa sarà una delle richieste che porteremo avanti appena avremo un interlocutore a Roma”.

Intanto l’apertura della stagione si avvicina. “La montagna ha ‘bisogno’ di lavorare: anche sapendo che avremo delle perdite, apriremo. Il primo fine settimana di dicembre si comincia”, in modo da essere pronti per Sant’Ambrogio (il 7/12), il tradizionale battesimo dello sci.

Agi

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