Giornata contro violenza donne, più abusi con il lockdown

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Troppo spesso sentiamo parlare di violenza sulle donne e femminicidio, per lo più dopo fatti di cronaca che ci lasciano sgomenti soltanto a pensarli.

Solo qualche giorno fa, in occasione del nono anniversario della sua morte, ho ricordato Rachida Radi, la 35enne uccisa a martellate dal marito perché voleva cambiare la sua vita fatta di maltrattamenti continui e umiliazioni. Una ferita che ancora sanguina.

Ma di casi ce ne sono moltissimi, troppi, un chiaro segnale che slogan, campagne pubblicitarie e cortei non sono sufficienti ad eliminarli.

Oggi, purtroppo mi verrebbe da dire, è la loro giornata. La giornata di tutte coloro che pagano per la libertà, per il voler esprimere la propria femminilità, oppure senza alcun apparente motivo, per il mero fatto di essere donne. È la giornata di coloro che sono state sconfitte dalla ferocia dei loro aguzzini che, tra le quattro mura, sfogano la propria aggressività latente. Questi soggetti possono essere mariti, conviventi, o ex partner. I moventi sono sempre quelli: la gelosia, il possesso, la presunta superiorità di genere, fattori che, se portati all’eccesso, rendono incapaci di controllarsi. Di solito chi agisce in questo modo non è in grado di fare introspezione ed esternalizzare le proprie ansie, e spesso fa ricorso all’alcol o a sostanze stupefacenti per cercare di alleviare la sensazione di inadeguatezza e fragilità interiore. E allora se la prende con chi è più debole fisicamente con veri e propri gesti di vigliaccheria, già di per sé gravi, che divengono inaccettabili se l’oggetto della violenza è la donna che si è scelta come compagna di vita.

Nel momento che stiamo vivendo, alle prese con una pandemia che ha pochi precedenti, questi slanci di aggressività sono più frequenti e non lasciano scampo.

In quella che è un’emergenza che coinvolge pressoché tutto il mondo, le vite delle donne di ogni nazionalità sono ancor più a repentaglio per la grande difficoltà a trovare una via di fuga. Le restrizioni agli spostamenti adottate dai governi hanno significato un considerevole aggravamento del problema, dovuto alla maggiore difficoltà a chiedere aiuto o a sporgere denuncia.

Secondo un rapporto dell’Onu, la quarantena forzata, che ha costretto e continua a costringere milioni di persone a rinchiudersi in casa per settimane, ha causato un aumento degli abusi sugli individui più vulnerabili a causa dello stress provocato dalla quarantena stessa e dalla conseguente incertezza lavorativa ed economica.

L’allarme è stato lanciato da ogni parte del mondo, dal Regno Unito all’India, dal Medio Oriente all’America Latina, dove sono stati segnalati numeri in continua crescita. Secondo i dati forniti dalle Nazioni Unite e diffusi a fine settembre, i lockdown hanno comportato un aumento dei casi di abusi tra le mura domestiche un po’ ovunque nel mondo. Sono, ad esempio, aumentati del 25% in Argentina, del 30% a Cipro e in Francia e del 33% a Singapore. In Brasile, sono stati registrati addirittura 648 omicidi di donne nella prima metà dell’anno, in aumento rispetto allo stesso periodo del 2019 secondo i dati raccolti dal Forum brasiliano di sicurezza pubblica.

Ma il dato più preoccupante di tutti è che solo un paese su otto ha adottato delle misure per ridurre l’impatto della pandemia sulle donne, come riferiscono le Nazioni Unite. In sostanza, non si sta facendo quasi nulla invertire il trend e far fronte a una situazione che sta degenerando.

C’è da dire che il cambiamento dovrebbe partire proprio tra quelle mura di casa in cui le violenze si consumano, mentre è proprio da lì che gli uomini del futuro prendono esempio. La carenza di programmi e iniziative nelle scuole e nelle università, affinché le nuove generazioni interiorizzino appieno il concetto dell’inammissibilità di ogni forma di violenza contro le donne, sia fisica che psicologica, di certo non aiuta.

E allora il retaggio di un meccanismo duro a morire persiste e non è minimamente intaccato da decenni di promozione del rispetto dei diritti fondamentali e delle libertà civili delle donne, vigente solo in superficie. Un fenomeno, questo, che riguarda tutte le società europee e che si estende laddove a uccidere sono la resistenza all’obbligo del velo e la volontà di integrazione delle donne di seconda generazione.

La lotta alla violenza contro le donne è una battaglia di civiltà che appartiene a tutti. Una vera e propria piaga sociale che come tale va trattata.

di Souad Sbai

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