Due vite in parallelo: De Donno e Semmelweis

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«Essa ci mostra il pericolo di voler troppo bene agli uomini. È una vecchia lezione sempre nuova. Supponiamo che oggi, allo stesso modo, venga un altro innocente che si metta a guarire il cancro. Manco s’immagina che genere di musica gli farebbero subito ballare! Sarebbe veramente fenomenale! Ah! meglio che prenda doppie misure di prudenza! Ah! meglio che sia avvertito. Che se ne stia maledettamente bene in guardia! Ah! sarebbe tanto di guadagnato se si arruolasse immediatamente in una qualche Legione Straniera! Niente è gratuito in questo basso mondo. Tutto si espia, il bene, come il male, si paga prima o poi. Il bene è molto più caro, per forza».

Così, il maledetto Ferdinand Auguste Destouches, il mio amato Céline, inizia la sua tesi di laurea in Medicina. E la dedica a Ignazio Filippo Semmelweis, lo scopritore della febbre puerperale.

«La febbre delle puerpere! Terribile divinità! Detestabile! ma talmente consueta! Alla fine, essa sembrava appartenere all’ordine delle catastrofi cosmiche, inevitabili…».

Cosa scoprì Semmelweis guardando, sperimentando, studiando: semplicemente che bisognava lavarsi le mani. Una banalità.

«Questi uomini così competenti, così specializzati» rimasero «nella propria scienza così ciechi e stupidi». Queste grandi autorità «furono al tempo stesso mentitrici e chiassose, e poi, soprattutto stupide e cattive», e perseguitarono Semmelweis, lo denigrarono, lo espulsero, lo relegarono ai margini della sopravvivenza e, per finire, sopraffatto dalla disperazione, morì a quarantasette anni, dopo un’agonia di tre settimane per un’infezione, nel manicomio di Vienna.

Cosa ha trovato il primario pneumologo Giuseppe De Donno già all’inizio del problema virale: la cura con trasfusioni di plasma iperimmune da pazienti già contagiati. Documenta le guarigioni, spiega la metodica, entra una sola volta in uno studio televisivo, diventa il padrino di Beatrice Vittoria, la cui madre è stata salvata con la tecnica indicata. A questo punto arrivano i Nas a verificare la veridicità dei risultati. Gli organismi romani negano l’invio, ma la realtà è che i tenutari dell’informazione sanitaria, e gli esperti ciechi, stupidi, e cattivi denunciati da Céline, scatenano una campagna di sospetti sul suo operato. Come per Semmelweis, i semplici, i modesti, i sanati non hanno voce in capitolo rispetto al potere economico e istituzionale. E De Donno si dimette e va a fare il medico di famiglia, perché lui «è un medico di campagna, non un’azionista di Big Pharma». Ahi, caro Collega, questa non te la dovevi far scappare!

E così, il semplice e umile De Donno, finì nel tritacarne della dittatura sanitaria. Nel pomeriggio torrido del 27 luglio si strinse una corda al collo e denunciò, senza voce e con un gesto, la tirannia di questa scienza appaltata lautamente da un potere politico equivoco.

«È contro costoro che io mi sollevo da avversario risoluto, come ci si deve sollevare contro i partigiani di un crimine! Per me non c’è altra maniera di trattarli se non di assassini. E tutti quelli che hanno il cuore al suo giusto posto la penseranno come me», ha scritto Semmelweis.

Io la penso come voi, e siamo in molti. Il vostro sacrificio sarà un esempio positivo per noi e di infamia per gli altri.

Di Adriano Segatori

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