11 Settembre: un disastro che non ha insegnato niente

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Di Luigi Cappelli

Difronte alle immagini terribili delle due torri gemelle, che collassavano trascinando con loro le vite di tremila persone innocenti, ci siamo sentiti tutti derubati del più importante valore di una società moderna: la libertà.
Se questo sentimento collettivo fosse stato adeguatamente compreso, la lotta al terrorismo e all’integralismo islamico avrebbe avuto conseguenze diverse dalle inutili guerre che sono state combattute e, probabilmente, non sarebbe naufragata sugli interessi economici e nelle alleanze di comodo con il Qatar e con i Paesi Arabi.
L’errore più grave è stato quello di pensare che l’attentato alle torri fosse un’offesa e un oltraggio all’America e  all’egocentrismo americano, cioè all’idea che gli Stati Uniti potessero governare il mondo, da soli, attraverso l’esportazione della loro idea universale di democrazia.
Non c’è voluto molto per scoprire che i Paesi Arabi, con i quali gli americani intrattenevano fiorenti rapporti commerciali, erano proprio quelli che avevano sostenuto Bin Laden, o che il Pakistan, che loro appoggiavano da anni, era il Paese che lo ospitava e lo proteggeva.
Nel tentativo di conciliare l’orgoglio americano con i loro interessi nel medio oriente, si sono insediati in Afghanistan, senza riuscire a capire la diversità di cultura di quei popoli e dimenticandosi che i Talebani erano gli stessi mujaheddin che loro avevano finanziato e armato contro la ex Unione Sovietica.
Il 29 febbraio 2020, l’allora presidente Donald Trump, sottoscrisse un accordo con il Qatar, da sempre finanziatore dei più pericolosi gruppi terroristi, con il quale si impegnò a ritirare le truppe dall’Afghanistan e a scarcerare 1.500 talebani.
Gli effetti di questo accordo, sono sotto i nostri occhi.
I talebani hanno immediatamente ripreso la guida dell’Afghanistan mortificando e uccidendo coloro che, senza rinnegare la loro cultura, stavano lottando per l’affermazione delle libertà e per la nascita di un Paese più laico e moderno.
Dalla tragedia delle torri gemelle, ci sono almeno due cose che non abbiamo compreso: la prima è che quell’attentato non doveva essere considerato un’offesa al popolo americano, ma a tutti i Paesi laici e democratici del mondo, a prescindere dalle loro differenti culture e/o religioni; la seconda è che l’integralismo islamico è, prima ancora di uno scontro con le culture occidentali, una lotta interna all’islam.
Questa lotta, in particolare, riguarda le differenti anime che si sono formate, non tanto attraverso le tradizionali distinzioni tra sciiti e sunniti, ma piuttosto nel diverso atteggiarsi rispetto  al fallimento dei processi di superamento del colonialismo e alla successiva nascita dei nuovi stati indipendenti (Egitto, Sudan, Algeria, Libia, Siria, Iraq, Yemen, Turchia e lran), tutti improntati agli ideali nazionalisti, socialisti o, comunque, laici, derivati dai Paesi colonizzatori.
Questo fallimento, reso ancora più aspro dagli effetti della guerra arabo israeliana, culminata con la clamorosa sconfitta degli arabi, indusse la gran parte di quei popoli a pensare che fosse necessario abbandonare definitivamente i valori corrotti dell’occidente e ripristinare la purezza dell’Islam radicale.
In questo modo, attraverso il recupero della religione, si cercava una nuova identità culturale islamica, da sostituire a quella occidentale dei colonizzatori e questo fenomeno, trovò la sua massima espressione nella rivoluzione sciita di Khomeini, che trasformò la Siria in un vero e proprio modello di Stato Islamico.
Non è un caso se, qualche anno più tardi, a seguito dell’invasione dell’Afghanistan, da parte della Russia, si formarono subito dei gruppi armati jihadisti, a difesa dei valori tradizionali, dai quali, di li a poco, sarebbe nata Al-Qā‘ida, uno dei più pericolosi gruppi terroristici.
Quello che tutti avremmo dovuto comprendere, quindi, è che gli eventi sfociati nell’attentato alle torri gemelle, dimostravano proprio il fallimento di questa ricerca di una nuova identità culturale del mondo arabo.
La deriva jiadista e il suo tentativo di stravolgere il significato stesso del Corano e le tradizioni del profeta, infatti, hanno creato una spaccatura nel mondo islamico, dando vita ad un nuovo pensiero religioso estremista e violento, che il mondo occidentale non ha compreso e non ha saputo sfruttare per aiutare il mondo arabo ad abbracciare, non la cultura e la tradizione occidentale, a loro estranea, ma la parte moderata e moderna dell’islam.
Di fronte alla barbarie degli attentati, l’orgoglio nazionalistico occidentale, rafforzato dalla convinzione di una superiorità culturale, rispetto all’islam, ha spinto l’America e gli alleati europei, verso scelte militari, che hanno impedito un vero dialogo e una valorizzazione delle componenti più moderne del mondo musulmano.
Il Marocco è la dimostrazione di come queste componenti moderate siano presenti tra i Paesi di tradizione islamica.
E’ di questi giorni la notizia che la consultazione elettorale in Marocco, ha visto la sconfitta degli islamisti e la netta vittoria dei liberali.
Quando l’occidente capirà che un dialogo con queste realtà è sicuramente più efficace della pretesa di imporre un proprio modello di cultura e di civiltà, allora forse si potranno gettare delle solide basi per sconfiggere definitivamente l’estremismo religioso e il terrorismo di matrice jiadista .

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