Talebani in Norvegia, un posto al sole cercasi

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identità

Metti un bel condominio, anzi un super condominio. Tanti palazzi, ognuno col suo amministratore e poi il super amministratore, quello che li coordina tutti, che gestisce le parti comuni tra gli edifici, le problematiche comuni. Metti che un giorno, uno dei tanti di cui poi leggi sul giornale, un appartamento resti vuoto per qualche ora e, in quel momento di vuoto, un gruppo di abusivi ne prenda possesso con modi poco civili. Metti ancora che il gruppo abusivo decida che quelli tra gli abitanti legittimi che vogliano tornare nell’appartamento debbano trascorrere il proprio tempo più o meno confinati
in una stanza alla totale dipendenza dei nuovi, abusivi abitanti.

Rabbia, scalpore, denunce, e tanta disapprovazione dagli altri condomini. E poi un giorno, alla riunione del super condominio, l’amministratore decide di convocare gli abusivi per discutere civilmente con loro del taglio della luce nell’appartamento, a causa delle bollette non pagate. Gli abusivi, in quanto convocati ufficialmente ad una riunione del super condominio, improvvisamente sono riconosciuti quali abitanti dell’appartamento, peraltro morosi, e comunque soggetto con cui interloquire. Il Blasco strimpellava su qualcosa che non va.

Effettivamente. Quando la sera del 23 gennaio 2022 una delegazione afghana, avvolta in bianchi mantelli, è sbarcata a Oslo per partecipare ai primi colloqui ufficiali dei talebani con l’Occidente, la domanda
circa l’apertura di un corridoio per il riconoscimento dello stato talebano (talebanistaninprogress) da parte della comunità internazionale, è diventata quanto meno legittima.
Dalla presa del potere dei talebani in Afghanistan si è trattato del primo dialogo sul suolo europeo. Speranza? Speranza. Gli irriducibili talebani,
dismessa la veste repressiva, potrebbero essere infine giunti a miti e civili consigli. I famosi, terribili Galli di Giulio Cesare. Scopo del viaggetto talebano nelle gelide terre del nord è stata ufficialmente la discussione sulla crisi umanitaria in Afghanistan. Arsenio Lupin che spiega al giudice il problema dei suoi derubati. C’era una volta la comunità internazionale che voleva sostenere la popolazione afghana, sempre più vulnerabile, dopo che le riserve della Banca Centrale depositate all’estero sono state congelate e i trasferimenti di denaro interrotti. I popoli nordici parlano, discutono e
razionalmente analizzano e prendono atto. De che, direbbero a Roma. Soldi, si è parlato di soldi. L’unico, vero demiurgo di tutte le ere.

Non certo quindi una visita di cortesia con earl grey e dolcetti, ma il tentativo di sbloccare i dieci miliardi di dollari di beni afghani congelati. Ognuno ha i suoi idoli e certo
dieci miliardi non sono pizza e fichi. Se i talebani però, non riconosciuti come entità statale legittima, sono invitati a discutere dei problemi da loro stessi creati, che piaccia o no, significa che dell’irrequieto gruppetto si riconosce l’esistenza, il peso, identità, ruolo e funzioni. E’ come quando al tg si parla di delinquenti giovanissimi classificandoli come babygang.

Gli si da importanza, ruolo, una connotazione sociale, unpostoalsolecisarà. Logico chiedersi se sia questo ciò che vuole la comunità internazionale, per l’equilibrio tra gli stati.
Diverso sarebbe stato se la Norvegia avesse messo intorno a un tavolo i rappresentanti dei talebani ed i rappresentanti degli afghani oppressi.
L’algido paese dell’efficienza avrebbe giocato il ruolo di padre nobile nella veste di colombella della pace. E al grande mediatore magari sarebbe toccato il viaggetto in Svezia per ricevere il grande riconoscimento per la pace. Così non è stato, e tirar le somme senza malizia non è cosa facile e, forse, neanche giusta. Come dar torto al papa Pio XI, cui s’ispirò nel 1939 il
cardinale Francesco Marchetti Selvaggiani Vicario di Roma, citato poi dal politico Andreotti: “A pensar male del prossimo si fa peccato ma si indovina.”
No, proprio nessun torto.

Di Fabiana Gardini

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