RIVENDICAZIONE DELLE VOGLIE E RIVOLUZIONE DEI DIRITTI

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rivendicazione - tattiche - generazione - reintegrazione - gioventù
Prof. Adriano Segatori

RIVENDICAZIONE DELLE VOGLIE E RIVOLUZIONE DEI DIRITTI – È in corso in Afghanistan una rivoluzione al femminile o, quanto meno, un movimento organizzato tutto rosa per pretendere un riconoscimento molto elementare: il diritto di esistere come donna, come identità peculiare, come personalità autonoma.

In Occidente, il Nuovo Ordine Mondiale lavora per l’identità digitale, per il tracciamento del singolo con il riconoscimento facciale; a Kabul i talebani esigono non solo il nascondimento del volto ma, addirittura, la graticola di stoffa per impedire anche l’intercettazione dello sguardo.

Il viso e gli occhi sono i due elementi corporei principali per il riconoscimento reciproco, per l’immediato messaggio non verbale. “L’anima è la nostra dimora; i nostri occhi sono le sue finestre, e le nostre parole i suoi messaggeri ha scritto Kahlil Gibran, confermando, quindi, che il burqa imposto dai talebani dopo la conquista di Herat e il ritiro ignominioso degli americani è un metodo per soffocare l’anima delle donne. Non si tratta di oscurare il corpo femminile per metterlo al riparo dall’animalità maschile, ma addirittura di relegarlo nell’anonimato del nero o del blu della palandrana di regime.

A settembre del 2021, Bahar Jalali, ex docente di Storia all’Università americana di Kabul, ha creato un video nel quale diverse donne sfoggiano costumi tradizionali afghani, tutti eleganti e coloratissimi. Ma il totalitarismo talebano odia la luce e il colore, perché – secondo la distorta ideo-teologia radicale – ogni sfumatura potrebbe incorrere nelle sanzioni previste dai guardiani del Ministero per la Propagazione della virtù e Prevenzione del vizio.

Anche il lavoro manuale, l’insegnamento, la guida di un’automobile, lo studio dopo i dodici anni potrebbero essere fonte di depravazione e di cattivo esempio. Quindi, tutte a casa, se non accompagnate da un tutore maschio, fosse pure un bambino.

E le nostre sgallettanti femministe? Scomparse dalla scena dei diritti perché troppo impegnate alla rivendicazione della soddisfazione delle voglie alla pretesa di liberazione delle pulsioni. Mentre le donne afghane lottano per l’identità al femminile, le nostre si dimenano per l’indifferenziazione di genere. Da noi, il Ministero per la Propaganda del malcostumee la Protezione dell’indecenza è pronto a giustificare le violenze sessuali allogene riconducendole ad ignoranza o ad una discutibile consuetudine culturale, mentre in Afghanistan il governo talebano ha svuotato le carceri liberando i peggiori criminali, e ha costretto Hashina, una delle 1300 giudici donne, a trovare rifugio in Grecia con la famiglia perché minacciata di morte da coloro che aveva condannato.

Le donne dell’Occidente giacobino e illuminista sonoimpegnate a difendere e a propagandare quelle che il grande filosofo marxista György Lukács definirebbe le “viziosità borghesi”, con i ridicoli travestimenti androgeni o le sbrindellate acconciature radical chic; le donne afghane, invece, rivendicano con il firaq partug la femminilità identitaria e, con essa, il diritto di pensiero, di parola e di cittadinanza.

Sono queste ultime a sostenere la Rivoluzione Rosa, che da noi è stata tradita dall’intellettualismo sterile e dalla mediocrità morale.

Di Adriano Segatori

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