Cambiare l’acronimo per cambiare la NATO

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Un’alleanza con scopi di difesa, che a suo tempo identificava la trincea, la linea di contatto, lungo il confine est ovest d’Europa dal Mar del Nord al Mediterraneo, e la profondità della sua potenziale area di operazioni dall’Atlantico agli Urali (ATTU) già dalla fondazione non aveva senso si chiamasse Alleanza del Nord Atlantico. Poi si è allargata, sappiamo in quali anni, assorbendo quasi tutti i Paesi europei dell’ex Patto di Varsavia, Ucraina e Bielorussia escluse. E con l’allargamento, la creazione di nuove forze e nuovi comandi, muovendosi verso est ancor meno senso aveva quell’acronimo. Ma oggi, con l’adesione di due nuovi Stati, anche in presenza di un conflitto di confine, è per me importante sottolineare il passaggio chiave dell’incontro di Madrid: la Russia un avversario la Cina una sfida. E che sfida.

E, dunque, in piena globalizzazione, la nuova NATO non può accumulare nuove forze lungo il nuovo muro immaginario, la nuova frontiera in Europa, ma deve proprio sulla base di questa dichiarazione riformati, prima politicamente e poi militarmente, aprire gli orizzonti dei rischi. Perché gli hot spot sono tanti, Taiwan, Nord/Sud Corea, tensioni Cina-Giappone, la bomba Africa, il Medio Oriente. Tutti potenzialmente altrettanto pericolosi per nazioni che si considerano la difesa della democrazia. E se assumiamo che sia così, allungare la trincea fino alla Finlandia è una pezza a colori, quasi un dispetto. Ma non di più. Schierarvi unità importanti solo una ulteriore provocazione per dar via libera a reciprocità.

So che esprimo un parere che qualcuno marchierà come utopico, ma nella mia visione, di un mondo che non è solo Europa, anzi, la nuova NATO, cambiando nome anzitutto, dovrebbe raccogliere le nazioni che si riconoscono in valori democratici, che ritengono la difesa la priorità. E molte di esse, da contributori, da anni forniscono uomini e mezzi ai più importanti teatri a guida NATO, addestrandosi assieme, condividendo piani operativi, lasciando caduti sul terreno.

E concludo, magari approfondendo un’altra volta sugli iter di adesione o sul peso che ognuno vorrà o potrà mettere a contributo, con la convinzione che la nuova Alleanza Democratica li debba comprendere tutti: Austria, Sud Corea, Giappone, Israele, Australia, Nuova Zelanda. E se la Cina è la sfida, mentre i resti dell’Armata rossa continuano a logorarsi per conquistare due Regioni, la “sfida”, la Cina, è avvisata.

Per ora benvenute Svezia e Finlandia, ma via gli occhiali da miopi e sguardo più in là. Alleanza Democratica suona bene, ma va bene qualsiasi altro nome che non sia NATO. Nell’era dei satelliti, dei droni, degli hacker inarrestabili, le trincee presidiare suonano proprio male.

Gen. Dario Buffa

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