Elezioni di pacificazione nazionale, svolta storica

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Elezioni di pacificazione nazionale, svolta storica –  L’importanza del risultato elettorale per la storia della Repubblica va ben al di là dei normali effetti sulla legislatura e sulla formazione del governo, si tratta di una vera e propria svolta per la pacificazione
nazionale e per la maturazione del nostro sistema democratico.

Ciò tanto più considerando la pessima campagna elettorale portata avanti dalla sinistra non tanto “per qualcosa”, che si possa condividere o meno, ma “contro qualcuno”, nella specie demonizzando Giorgia Meloni, campagna sostenuta da un manipolo di artisti, giornalisti ed intellettuali, molti dei quali hanno dichiarato che, se avesse vinto la destra, sarebbero andati via dall’Italia, ma sinceramente non sto vedendo questa fila ai check in di Fiumicino o Malpensa.
Una cultura conservatrice ha prevalso e di ciò chi a sinistra ha senso della misura e raziocinio ne ha preso atto, ma, cosa più importante, ha preso atto che esiste nel Paese detta cultura che ha uguale dignità rispetto a quella progressista e non è un pericoloso nemico fascista da abbattere, ma un avversario da affrontare nella normale dialettica politica ed elettorale basata sui temi e sui programmi.

Si è compreso che non è possibile che il 26% degli italiani abbiano globuli neri nel sangue, per cui la demonizzazione deve essere abbandonata per fare posto al confronto ed al dialogo. Dall’assemblea costituente fino ad oggi credo sia la prima volta che succeda ciò. L’era del berlusconismo ha, di certo, aperto la strada per arrivare a questo punto, ma il successo del centro destra portato dal grande imprenditore di Arcore era più legato alla sua figura carismatica che ad una vera e propria rivoluzione culturale, come oggi è avvenuto.
Anche Giorgia Meloni è carismatica, ma certamente non ha il background di strutture di comunicazione e di potenza economica né la storia personale che aveva il Cavaliere negli anni ’90, ed il suo successo non può essere stato solo personale, sia pur con i grandi meriti che debbono esserle attribuiti. Fratelli d’Italia non è un partito c.d. “padronale”, nel senso buono del termine, è una squadra che dal suo vertice fino all’ultimo militante territoriale ha saputo interpretare questa svolta della storia e l’ha saputa portare al risultato che è
sotto gli occhi di tutti.

L’Italia è così cresciuta e maturata, la Resistenza, così come il mondo della cultura, non potranno essere più considerati appannaggio della sinistra, che spesso li ha utilizzati non solo per fini politici, ma anche per fini meno nobili di mera propaganda elettorale, ma patrimonio di tutti i cittadini qualunque sia il loro credo politico.
Il cambio di passo si è immediatamente percepito con l’aplomb tenuto da tutta la coalizione di centro destra che non ha fatto caroselli per le strade, né si è lasciata andare a sfottò nei confronti delle altre parti, ma si è immediatamente chiusa ad approfondire i temi ed a pianificare il percorso di governo per affrontare efficacemente i problemi veri degli italiani che certamente non sono quelli della cultura gender nelle scuole, ma la grave crisi economica che ci attanaglia tutti.
Il mondo cattolico, poi, si dovrebbe rallegrare che in questa legislatura “la politica della morale”, così come ben descritta dal card. Parolin nell’incontro dello scorso marzo con le associazioni cattoliche di “Ditelo sui tetti”, avrà più forte linfa rispetto al passato senza, però, far venir meno quella “politica del sociale”, anch’essa altrettanto necessaria.

Particolarmente interessante è stato l’intervento del Card. Ruini in una sua intervista sul Corriere della Sera, nella quale, pur con l’equilibrio che lo ha sempre contraddistinto, mostra apprezzamento verso la Premier in pectore e sul tema della c.d. superiorità culturale, che oggi speriamo sia ormai lasciato alla storia, ha affermato che «la cultura politica prevalente è a sinistra; ma il Paese è in buona parte a destra, anche se in
maniera meno netta», aggiungendo che «è una contraddizione che esiste in tutte le democrazie: gli intellettuali spesso sono progressisti; la gente bada agli interessi concreti e tende a essere più conservatrice.

Ora il distacco tra élites e popolo si è fatto più evidente; anche se poi, come sta accadendo anche in questi giorni, le élites tendono ad allinearsi…». Facciamo tesoro di queste riflessioni.

Di Antonfrancesco Venturini

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