Europeisti contro euroscettici, non è questa la campagna elettorale necessaria

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Europeisti contro euroscettici, non è questa la campagna elettorale necessaria – La campagna elettorale per le prossime europee di giugno sta per entrare nel vivo e ci troveremo di fronte, con ogni probabilità, a fazioni contrapposte di europeisti ed euroscettici con una divisione manichea tutta ideologica, che rischia di non far ben comprendere la complessità della situazione che non può essere relegata a posizioni aprioristiche.
Ci sarà una lista che probabilmente si chiamerà addirittura “Stati Uniti d’Europa”, con dentro di tutto di più per raggiungere la fatidica soglia del 4% da Renzi alla Bonino fino, da quanto sembra, anche
aree democristiane che con ques’ultima ben poco hanno a che fare, gli euroscettici sono in grande fervore visto il vento di destra che sta iniziando a soffiare nel continente, i conservatori dell’ECR sottoscrivono nella
evocativa location di Subiaco, tanto legata a San Benedetto, un’equilibrata carta dei valori, che opportunamente richiama le radici giudaico cristiane dell’Europa e ciò mi sembra quanto di più sensato si
possa fare.
L’europeismo e l’antieuropeismo sono mera retorica, due facce della stessa medaglia, ed ognuna cade miseramente sui dettagli dei temi veri, sulle scelte di politica economica e dei mercati, sul grande
tema di un’immigrazione sicura, integrante e produttiva, sull’inverno demografico, sulla tutela della famiglia, senza la quale non ci sarà un futuro, sulla necessità di una difesa comune, sul deficit democratico
della UE.
Serve equilibrio nelle giuste dosi, tanta Europa quanto necessario e tanta Italia quanto possibile, forse questa appare la giusta strada da seguire ed ai cittadini dovrebbero essere rappresentate soluzioni su
fatti concreti, un’Europa confederale che faccia ciò che veramente serve e che abbia ampia base democratica, non certamente ostaggio della burocrazia. E proprio per questo un argomento non di poco
conto da sviscerare è il deficit democratico nella UE.
Oggi il vero boccino in mano lo ha la Commissione ed una serie di burocrati, con un Parlamento Europeo, unico organo direttamente eletto dal popolo, privo di un potere fondamentale, quello della
iniziativa legislativa.
Certamente più potere ha il Parlamento più ha senso il nostro voto, che, attenzione, è comunque fondamentale, soprattutto in questo difficile momento storico.
Nel sistema legislativo dell’Unione Europea, la Commissione continua a detenere, dal 1° gennaio 1958, il monopolio dell’iniziativa normativa, attraverso la presentazione di una specifica Proposta al
Consiglio dei Ministri (CdM) e per Esso al Comitato dei rappresentanti permanenti (COREPER).
Il Parlamento Europeo (PE) ed il CdM non hanno alcun potere di iniziativa, salvo quello di chiedere alla Commissione di presentare una proposta (art. 225 TFUE per il PE e art.241 TFUE per il Consiglio) che
obbliga la Commissione solamente a motivare il suo diniego.
Per modificare tale quadro legislativo, ad esempio, dotando il PE di poteri autonomi di presentazione di proposta normativa al proprio interno e di approvazione della stessa, con le maggioranze
previste dalla natura dell’atto normativo da approvare (Regolamento o Direttiva), come avviene nel procedimento legislativo nazionale, con successiva trasmissione al Consiglio ( e cioè direttamente al
COREPER per la continuazione della procedura di codecisione sentiti gli eventuali Organismi consultivi previsti CES e Comitato Regioni) sarebbe necessaria la modifica dei Trattati, tanto auspicabile quanto
complessa.
Sarebbe però possibile, di fatto, per volontà politica del PE, pervenire ad un risultato sostanziale assai vicino a quello sopra prospettato, senza modifica dei Trattati, utilizzando la procedura dell’art. 225
TFUE e rafforzandola con una semplice integrazione dell’attuale art. 47 del Regolamento del Parlamento Europeo. A tal fine sarebbe sufficiente aggiungere all’attuale testo del 1° comma che il PE possa elaborare
una formale proposta normativa, con la relativa relazione, come per le proposte della Commissione e che tale atto, una volta approvato, venga trasmesso alla Commissione, con l’invito a presentarlo direttamente
al COREPER, formalmente, come propria proposta.
Anche senza specifica previsione, in caso di ingiustificato rifiuto della Commissione in tal senso, il PE potrebbe procedere a porre all’ordine del giorno ed approvare, con le maggioranze previste dagli art. 127
del Regolamento del PE e ai sensi e agli effetti dell’Art. 234 del TFUE, una mozione di censura nei confronti della Commissione che essendo costretta in tal caso a dimettersi, si troverebbe sottoposta ad una robusta
pressione per la presentazione dell’atto al COREPER.

Ovviamente una mozione di censura porterebbe ad una crisi istituzionale molto intensa e dovrebbe essere usata con molta cautela. Viceversa è da notare che la Commissione non avrebbe interesse a spingere
la contrapposizione con il Parlamento Europeo fino a rifiutarsi e, per di più immotivatamente, di presentare la proposta così creata dal PE davanti al COREPER.
Ecco questo è l’approccio sui temi che vorrei sentire in campagna elettorale, senza sciabolate con ideologiche frasi inutili pro o contro l’Europa.

Di Antonfrancesco Venturini

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