Danimarca: due giorni fa, lunedì 13 dicembre, l’ex ministra dell’Immigrazione, Inger Støjberg, è stata condannata a 60 giorni di reclusione. Ha deciso la separazione di numerosi migranti sposati e ostacolato i loro ricongiungimenti familiari. Il fatto è che in tutte queste coppie, 23, almeno un membro era minorenne. Lo fa sapere l’agenzia di stampa Reuters e la notizia è stata ripresa da altre testate.
La Støjberg si è difesa, dicendo che il provedimento, preso nel febbraio 2016 e ritirato pochi mesi più tardi a seguito di tantissime polemiche, mirava a salvaguardare le “spose bambine” da matrimoni forzati; tuttavia non è servito. E’ stata istituita una Commissione d’Impeachment secondo la quale l’allora ministra avrebbe violato nientemeno che la Convenzione europea dei Diritti Umani.
La Støjberg non ha potuto fare altro che accettare la decisione; ma ha dichiarato che a suo avviso a perdere “sono stati i valori danesi”. Rimane assolutamente convinta della legittimità del proprio operato.
Ex membro del Venstre, il Partito liberale danese (dichiaratamente di destra), è rimasta in carica dal 2015 al 2019. La Danimarca è stata spesso tacciata di multiculturalismo; ma con la Støjberg al governo è avvenuta una drastica inversione di rotta.
L’attacco subito dalla politica ha pochissimi precedenti nel Paese scandinavo. Prima del suo, ci sono stati soltanto cinque episodi di impeachment.
Il caso era partito da due siriani, Rimaz Al Kayyal, 17 anni e incinta, ed Al Nour Alwan, 26 anni. Pur essendo sposati, erano stati messi in due centri di accoglienza differenti. Per simili decisioni, la Støjberg era stata attaccata persino dal suo partito. Si è dimessa dalla carica di vicepresidente nel dicembre dell’anno scorso e ha lasciato il Venstre 4 febbraio di quest’anno. L’impeachment era stato deciso il 2, con 141 voti pro e 30 contro.
Oggi l’ex ministra fa parte del Parlamento come indipendente; ma potrebbe perdere il ruolo, sottolinea il quotidiano online “Il Post”. Quest’ultimo ricorda un’altra e più controversa misura approvata dalla Støjberg: quella della “confisca di beni ai migranti”. Essi dovevano dare allo Stato quelli che valevano oltre 1.300 euro per mantenersi in Danimarca ed espletare la burocrazia per ottenere asilo.