Marocco: immigrazione, il Re indica la prospettiva all’Unione Africana

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Re Mohammed VI - Marocco

Marocco – Ad Addis Abeba in questi giorni si sta svolgendo l’edizione numero 35 del vertice ordinario dell’Unione Africana. Una riunione particolarmente sentita quest’anno. Tra il 2020 e il 2021 l’Africa è cambiata molto. La pandemia ne ha mostrato la maggiore vulnerabilità, mentre a livello politico il dilagare dei colpi di Stato ha dato la percezione di una forte instabilità. Ma è l’immigrazione il tema su cui si stanno incentrando i maggiori dibattiti. Proprio per questo, tramite il ministro degli Esteri Nasser Bourita, il Re del Marocco Mohammed VI ha voluto indicare la propria prospettiva, e quella del governo di Rabat, ai capi di Stato riuniti nella capitale etiope.

Le preoccupazioni legate alla pandemia

“La governance delle migrazioni non deve rispondere alla gestione dell’emergenza, ma va intesa con un approccio di responsabilità e solidarietà”: è questo il primo passaggio del rapporto sulle migrazioni presentato dal sovrano del Marocco e contenuto all’interno del documento sulle migrazioni presentato ad Addis Abeba. Secondo Mohammed VI l’attuale emergenza più significativa, quella cioè legata al coronavirus, è destinata a finire. Occorre quindi pensare alle conseguenze lasciate dalla pandemia e iniziare a reagire in previsione futura: “L’emergenza sanitaria – ha scritto il Re del Marocco – ha avuto un forte impatto sulla migrazione: la chiusura delle frontiere e le misure restrittive volte ad arginare la diffusione della pandemia hanno avuto un impatto sulla mobilità dei migranti”. Ad emergere è stata soprattutto “la vulnerabilità dei migranti alla tratta di esseri umani, esposti a un rischio maggiore di sfruttamento da parte di criminali e trafficanti”, si legge ancora nel rapporto di Mohammed VI.

Una vulnerabilità aumentata per via delle difficoltà relative alla pandemia. Molti posti di lavoro sono andati persi, molte società si sono ritrovate con ancora più poveri, in molte città le opportunità di sviluppo si sono arenate. Non solo: il pensiero del Re del Marocco è andato alla vulnerabilità di particolari categorie sociali, quali tra tutte donne e giovani. Il sovrano ha voluto sottolineare infatti la loro maggiore emarginazione marcata soprattutto nei contesti più difficili del continente. Un quadro quindi preoccupante e di cui l’Africa deve tener conto, tanto più che il rallentamento dell’economia potrebbe non far raggiungere gli obiettivi preposti dall’Unione Africana nei progetti per lo “Sviluppo Sostenibile 2030” e “Agenda 2063”. Oltre alla pandemia, il continente deve guardarsi da altri pericoli: “Al di là alle conseguenze della pandemia – ha ribadito Re Mohammed VI – ci sono quelle legate ai conflitti e ai cambiamenti climatici come siccità, cicloni e inondazioni che imperversano sul continente africano”.

Il ruolo della diaspora

Il punto di vista del Marocco sull’immigrazione è importante per conoscere il fenomeno dalla prospettiva africana. Anche il territorio marocchino è stato interessato nel 2021 da importanti flussi migratori. Non solo quelli riguardanti cittadini locali che tramite le rotte spagnole provano a raggiungere l’Europa, ma anche quelli risalenti dal Sahel. Per Rabat, così come per i Paesi vicini, intervenire sul fenomeno è più che mai importante. Nel suo intervento Re Mohammed VI ha evidenziato un aspetto spesso poco preso in considerazione in Europa e che riguarda l’economia generata dalla diaspora. Le rimesse provenienti dai migranti che lavorano nel Vecchio Continente sono vitali per i redditi di centinaia di famiglie. Nell’ottobre del 2020 il peso economico delle rimesse ha raggiunto i 78.4 miliardi di Dollari. La pandemia non ha provocato, contrariamente alle aspettative, particolari contrazioni del fenomeno. Nel rapporto di Rabat si sottolinea come i lavoratori immigrati in Europa hanno continuato a lavorare o comunque a potersi permettere di mandare parte dei risparmi nei Paesi di origine.

L’11% delle rimesse globali ha a che fare con le rimesse africane. Da qui la necessità di gestire il fenomeno: “Le rimesse si sono affermate – si legge ancora nel rapporto – come una fonte più resiliente e più affidabile rispetto ai flussi di investimenti diretti esteri”. Un concetto importante da rimarcare per il controllo dell’immigrazione. Appare importante, per il Marocco come per l’intero continente africano, fare in modo che le rimesse continuino a rappresentare una fonte di introito e al tempo stesso che esse possano derivare da un’immigrazione più “ragionata” in grado di portare in Europa lavoratori più qualificati. Un progetto ostacolato però, secondo il sovrano, da eccessive detrazioni praticate dalle organizzazioni internazionali sulle rimesse africane: “Possono arrivare – ha rimarcato Mohammed VI – anche fino al 15%. Inoltre, solo il 10% di queste rimesse viene investito in progetti o prodotti di risparmio in Africa”.

L’immigrazione intra africana

Un passaggio delicato è dedicato allo studio dei movimenti dell’immigrazione africana. Il rapporto del Marocco mira in primis a smentire un luogo comune e cioè che gli spostamenti degli africani coinvolgano soprattutto le migrazioni transcontinentali. “La migrazione africana rappresenta solo il 14% della popolazione totale dei migranti internazionali – ha scritto Re Mohammed VI – molto meno dei migranti provenienti da altri continenti. La maggior parte dei migranti si sposta all’interno del continente africano e all’interno della loro regione di origine, in particolare in Africa occidentale“. Gli africani cioè aspirano a rimanere vicino i propri Paesi di origine e a non spostarsi in altre regioni. Chi arriva in Europa costituisce complessivamente una cospicua minoranza. Una tendenza che, nella visione di Rabat, dovrebbe diminuire con la creazione di una zona di libero scambio continentale. Un auspicio, in primis, per far diminuire ulteriormente il numero comunque ancora molto elevato delle vittime dell’immigrazione: si calcola che, negli ultimi anni, a morire nel tentativo di raggiungere l’Europa siano state 11.091 persone. Migrazione intelligente, gestita e controllata è quindi la ricetta proposta dal Marocco. Un modo per sfruttare gli elementi positivi dei flussi da un lato e diminuire i rischi per migliaia di africani dall’altro.

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