Accordo tra Cina e Isole Salomone che non piace a Usa e Australia

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Accordo tra Cina e Isole Salomone – Forze di sicurezza cinesi potrebbero essere dispiegate sulle Isole Salomone, su richiesta delle autorità di Honiara, per il mantenimento dell’ordine sociale. Il rischio sottostante all’accordo è che la Cina stabilisca una presenza militare e una forza di influenza.

La Cina e le Isole Salomone hanno siglato un accordo quadro di cooperazione in tema di sicurezza, che ha fatto molto discutere nelle ultime settimane per l’aumento dell’influenza cinese nell’Oceano Pacifico, a meno di duemila chilometri dalle coste australiane.

L’annuncio è stato dato dal portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, precisando che l’accordo rientra tra i “normali scambi e la cooperazione” tra i due Paesi, e che le due parti “coopereranno nel mantenimento dell’ordine sociale, nella protezione della vita e dei beni delle persone, nell’assistenza umanitaria e in risposta ai disastri naturali”.

Con l’accordo, ha aggiunto Wang, Cina e Isole Salomone si impegnano per la “stabilità sociale e a lungo termine” nelle Salomone, e l’intesa siglata oggi “non si rivolge contro terze parti”.

Il previsto accordo aveva fatto risuonare un campanello d’allarme negli Stati Uniti, nella Nuova Zelanda e nell’Australia, che dal 2018 ha un accordo attivo con le Isole Salomone in materia di sicurezza, e che permette l’invio di personale di sicurezza australiano nell’arcipelago. Lo stesso Sogavare aveva respinto, però, le critiche all’accordo con Pechino.

“Trovo insultante essere etichettati come incapaci di gestire le questioni di sovranità”, aveva detto in un’audizione al parlamento di Honiara. Secondo una bozza dell’accordo emersa il mese scorso, la Cina potrebbe incrementare la propria presenza militare, incluse le visite di unità navali, nelle Isole Salomone, con cui Pechino ha stretto rapporti diplomatici solo nel 2019, “soffiando” uno dei pochi alleati diplomatici rimasti a Taiwan.

Inoltre, forze di sicurezza cinesi potrebbero essere dispiegate sulle Isole Salomone, su richiesta delle autorità di Honiara, per il mantenimento dell’ordine sociale. Le Isole Salomone, che contano circa 700 mila abitanti, erano salite alla ribalta delle cronache internazionali a fine novembre scorso, proprio per le proteste sociali: l’improvviso passaggio dal riconoscimento di Taipei a quello della Repubblica Popolare Cinese era stato tra i fattori che avevano innescato proteste nello Stato insulare del Pacifico, con i manifestanti che avevano tentato di fare irruzione nel parlamento.

L’accordo è destinato a suscitare polemiche nella politica interna australiana, in vista delle elezioni del 21 maggio prossimo, ma anche negli Stati Uniti, che hanno annunciato a febbraio scorso, la riapertura dell’Ambasciata a Honiara, chiusa nel 1993, e dove rimane solo una presenza consolare.

Il rischio sottostante all’accordo è che la Cina stabilisca una presenza militare alle Isole Salomone, facendo dello Stato insulare una sorta di “Gibuti” nel Pacifico, in un paragone implicito con la base navale stabilita nel 2016 nel piccolo Stato del corno d’Africa, finora l’unica all’estero gestita dall’Esercito Popolare di Liberazione cinese.

La Casa Bianca ha annunciato ieri che il coordinatore delle politiche per l’Indo-Pacifico, Kurt Campbell, sarà a capo di una delegazione di alti funzionari Usa in visita nei prossimi giorni alle Figi, in Papua Nuova Guinea e, appunto, alle Isole Salomone, per “approfondire i legami duraturi con la regione e portare avanti un libero, aperto e resiliente Indo-Pacifico”: nei tre Stati insulari, inoltre, i funzionari di Washington si assicureranno che “la nostra partnership porti stabilità, sicurezza e pace”.

L’accordo siglato oggi non piace neppure ai Paesi regionali: Micronesia, Figi, Palau, Tonga e Papua Nuova Guinea hanno espresso preoccupazioni in vista dell’intesa di Honiara con Pechino. Il Pacifico è un terreno di attrito tra Cina e Stati Uniti, con una competizione che si è infiammata da settembre scorso, quando il presidente Usa, Joe Biden, in collegamento con il primo ministro britannico, Boris Johnson, e il primo ministro australiano, Scott Morrison annunciò una partnership tra Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia sui sottomarini nucleari – ora estesa anche alle armi ipersoniche in grado di trasportare testate nucleari – e che Pechino definisce “una Nato nel Pacifico” e un sintomo della “mentalità da Guerra Fredda” degli Stati Uniti.

Agi

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