L’asse Doha-Teheran. Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei

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Di Souad Sbai

Nei vertici della Lega Araba, del Consiglio di Cooperazione del Golfo e dell’Organizzazione della Conferenza Islamica, si è verificata una spaccatura netta fra il Qatar e i suoi vicini arabi. Quando questi ultimi volevano una presa di posizione contro l’espansionismo iraniano, il Qatar si è schierato dall’altra parte. E’  il nuovo asse islamista.

Per chi non avesse ancora capito cosa si nasconde dietro l’abito bianco e il sorriso ammiccante degli emiri del Qatar, i vertici della Lega Araba, del Consiglio di Cooperazione del Golfo e dell’Organizzazione della Conferenza Islamica che si sono svolti alla Mecca dal 30 maggio al 1 giugno, offrono un nuovo inequivocabile esempio della vocazione di Doha a svolgere il ruolo di “stato canaglia”.

I paesi del Quartetto anti-terrorismo, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Bahrein ed Egitto avevano rivolto a Doha l’ennesima mano tesa, quella con cui re Salman e l’erede al trono Mohammed hanno salutato il primo ministro, Abdullah Al Thani, presente ai vertici convocati da Riyadh per rafforzare la coesione del mondo arabo e musulmano contro la crescente minaccia iraniana. I recenti attacchi con droni lanciati dalle milizie sciite Houthi a stazioni petrolifere all’interno del territorio saudita e l’assalto piratesco a danni di navi mercantili battenti bandiera saudita al largo delle coste degli Emirati, che la comunità internazionale ha unanimemente attribuito a Teheran, hanno convinto Riyadh della necessità di definire in maniera netta i contorni delle alleanze e delle forze in campo.

Per Doha si prospettava dunque l’opportunità di un pieno ritorno nell’alveo del mondo arabo, riarmonizzando le proprie politiche con quelle del Consiglio di Cooperazione del Golfo e della Lega Araba. Un ritorno alla normalità, a relazioni improntate al rispetto degli interessi reciproci e del principio della non ingerenza negli affari interni di altri stati, dismettendo l’abito pseudo-rivoluzionario e falsamente democratico della Primavera Araba dei Fratelli Musulmani e cessando finalmente d’invocare una sua nuova edizione insieme alla Turchia del sempre più Sultano-dittatore Erdogan.

Ma la stretta di mano del primo ministro del Qatar con il re e l’erede al trono dell’Arabia Saudita è stata subito spezzata dal ministro degli esteri Mohammed Al Thani, che con una dichiarazione ampiamente enfatizzata da Al Jazeera ha letteralmente stracciato i comunicati finali dei tre vertici, poiché esprimevano parole di netta condanna nei confronti del regime khomeinista. Un gesto molto apprezzato dal presidente iraniano Hassan Rouhani, che in una telefonata di ringraziamento ha colto l’occasione per rinsaldare l’amicizia con l’emiro Al Thani. I due hanno voluto manifestare al mondo la crescente convergenza tra i rispettivi paesi sulle questioni regionali, promettendo di rafforzare le relazioni bilaterali in ogni settore: anche quello militare e di sicurezza?

Un’eventualità questa che non dovrebbe essere fonte di stupore per nessuno, racchiusa già in nuce esattamente nel rifiuto dei comunicati finali dei vertici della Mecca ad opera del ministro degli esteri di Doha. Un rifiuto da cui consegue che il Qatar è quanto meno non ostile alle malefatte iraniane denunciate dalla Lega Araba, dal Consiglio di Cooperazione del Golfo e dall’Organizzazione della Conferenza Islamica, tra cui il continuo sostegno agli Houthi nello Yemen, le ingerenze in Bahrein e Siria, la promozione di politiche settarie, la destabilizzazione dell’intera regione provocata attraverso i Guardiani della Rivoluzione Islamista ed Hezbollah. È anche plausibile che Doha si trovi a proprio agio con l’acquisizione da parte del regime khomeinista di capacità nucleari militari e con i missili balistici che Teheran continua a sfornare senza sosta. Altrimenti perché dissociarsi in una maniera così plateale dal consenso raggiunto alla Mecca dai paesi arabi e musulmani sulla necessità di contrapporsi fermamente alle politiche aggressive ed espansionistiche dell’Iran?

Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. L’asse Doha-Teheran aggiunge un segmento significativo alla linea rossa del jihad che da tempo unisce il Qatar alla Turchia, a sua volta in fase di amorosi sensi con il regime khomeinista, al punto da aver annunciato l’intenzione di mettere a punto dei meccanismi per aiutarlo ad aggirare le nuove sanzioni imposte dagli Stati Uniti. Ad emergere dai vertici della Mecca in tutta la sua minacciosità per la sicurezza e la stabilità del Medio Oriente e di tutta la comunità internazionale è pertanto il nuovo polo dell’islamismo mondiale, il triangolo composto da Qatar, Turchia e Iran. Questo non desiste dalla sua intenzione di buttare giù quel che rimane dell’ordine regionale, per sostituirlo con dittature fondamentaliste amministrate dai Fratelli Musulmani, di cui il regime khomeinista incarna la versione sciita.

È il progetto di conquista della Primavera Araba che ritorna, anzi che non è mai andato via, ponendo il mondo arabo e musulmano in stato di massima allerta e necessità di collaborazione con l’Occidente. Se l’Europa si presenta alla sfida ancor più debole e impreparata di quella del 2011, negli Stati Uniti non c’è più Barack Obama e l’amministrazione Trump sta mostrando di essere senza dubbio più disposta a raccogliere la richiesta d’aiuto più volte reiterata nel corso dei vertici della Mecca.

Pubblicato il 07-06-2019

lanuovabq

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