INTERVISTA al Prof. Francesco Barone
La soluzione è la solidarietà?
Tra le seduzioni della modernità, la solidarietà non può che attuarsi al di là dei limiti e delle differenze ideologiche. La definizione dell’Essere umano non può che passare attraverso la
costruzione di una società che sia davvero solidale. In questo mondo precario, in assenza di certezze esistenziali, conviviamo quotidianamente in un disagio sociale dilagante. Siamo virtualmente connessi, diventando sempre più promotori e difensori delle nostre sole individualità. Il noi è esposto ai condizionamenti della psicologia di ciascuno, alle cadute del dominio dell’io e del tu, al trionfo delle logiche del capo, soprattutto del capo politico. La solidarietà è l’opposto della solitarietà, teorizzata da Ebner. Molto spesso siamo soli in mezzo a tanti, senza accorgerci di questa condizione.
A suo avviso c’è crisi di educazione?
Una nuova “Pedagogia dell’impegno” rivolta ai giovani e agli adulti potrebbe configurarsi come un’occasione per il ritorno alla trasmissione della “chiarezza umana”, il senso di responsabilità verso gli altri, in termini di verità ed autenticità. Solo così si potranno porre basi solide per un progetto di armonizzazione del senso comune. L’elemento centrale, quindi, rimane l’educazione che, mediante la pienezza integrale della persona, realizza la socialità, la libertà, la pace e la co-responsabilità, nel nome di un bene che è un bene assoluto, superiore, che come tale va ricercato oltre e al di sopra dei propri interessi personali. L’uomo contemporaneo rischia di diventare preda di un nuovo tipo di narcisismo e in costante ricerca dell’approvazione altrui. La vocazione autoaffermativa affievolisce la tensione etica e collaborativa, riducendo così la
disponibilità al patto e all’intesa. Questa assurda indisponibilità di solito porta alle guerre.
Milioni di persone sono vittime del conflitto in Congo. Crede in un “cessate il fuoco?”
Il cessate il fuoco è il primo passo verso la pace. Significa dire basta alle atrocità nei confronti di coloro che vivono in condizioni di estrema vulnerabilità. Siamo impegnati affinché ciò avvenga, anche nella speranza che ritorni agibile l’aeroporto di Goma per continuare con le nostre azioni umanitarie ed alleviare le sofferenze di chi sta subendo gravissime violenze. Le vittime innocenti del conflitto in Congo appartengono alle “vite di scarto” della terra di frontiera globale. Sono gli esclusi in carne ed ossa, per gli indifferenti sono gli outsiders assoluti, sempre fuori posto. A loro poco importa se sono costretti a spostarsi e rifugiarsi in capanne di fortuna, diventando abitanti dei “non luoghi”, sempre in movimento. Sono bambini, donne e uomini che questa umanità sta rendendo superflui. Appartengono a quei popoli che hanno piena coscienza del loro passato, che hanno ben saldi dentro di sé i propri valori sociali e culturali, sanno cosa significa vivere tra fenditure e crepacci, dove la luce si rintana per conversare con gli occhi da eclisse e recuperare l’inestinguibile forza della vita. Hanno imparato e sono ben consapevoli di quante volte, gli altri, preferiscono girare lo sguardo per non vederli e non sentirli. E di quante volte, gli altri, indossano le maschere migliori, quelle più idonee a occultare ciò che sono davvero, e fare apparire fuori ciò che non sono.
A.C.