Saman, l’ultima vittima di una cultura dell’odio inaccettabile

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Se l’uccisione di Saman sarà confermata, si può dire che il suo destino è stato quello dei più terribili. Lei che è stata reputata colpevole di pretendere uno dei diritti più basilari della civiltà: la libertà. Una libertà che le è stata negata da una mentalità abietta e spietata, da un modo disumano di intendere la religione, che non guarda in faccia nessuno né tantomeno tiene conto dei legami di sangue. A pagarne le spese una ragazza di appena 18 anni, che si è opposta a quanto la famiglia aveva deciso per lei: un matrimonio forzato che Saman non voleva e che qualche tempo fa l’aveva portata a scappare di casa.

Le conversazioni nelle chat tra lo zio, i genitori e il fratello, insieme al video dei familiari con le pale, sembrano purtroppo confermare la versione più terribile. Inquietanti i racconti emersi dalle intercettazioni dei familiari, che rimarcano come una ragazza “che smetta di essere musulmana” venga “uccisa tramite lapidazione”.

Il giorno prima dell’ultimo avvistamento della giovane pakistana, le telecamere hanno ripreso tre uomini, identificati come lo zio, ritenuto l’autore materiale del delitto, e i due cugini, uscire dal casolare con delle pale. La Procura di Reggio Emilia non ha dubbi, i tre avrebbero preparato una fossa dove nascondere la salma di Saman. Un fatto che lascia a dir poco sgomenti, una sorte toccata a una ragazza come tante che voleva prendere in mano la sua vita e viverla con spensieratezza.

Una cosa, però, deve essere chiara: chi vive in Italia, di qualsiasi provenienza, di qualsiasi estrazione sociale, genere, credenza religiosa, deve rispettare le leggi, quelle che in uno stato di diritto tutelano la libertà individuale e puniscono severamente atti di questo tipo. Perché oscenità di questo genere, di cui siamo ormai abituati ad avere contezza, non devono più ripetersi.

Perché per colpa di questa cultura dell’odio Saman oggi forse non c’è più, e i responsabili la devono pagare cara.

Di Laila Maher

 

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