Perdonaci Saman – Con qualche piccolo trafiletto i media ci hanno informato che gli assassini di Saman sono stati assicurati alla giustizia, tranne i genitori però, che sono i maggiori responsabili di questa tragedia, che assomiglia molto a quelle greche di Eschilo, Sofocle ed Euripide. Come al solito, anche su questo orrendo delitto, come per gli altri gravi fatti di cronaca, si erano sfogati i talk show. È vero che è necessario assicurare la pluralità delle voci e delle opinioni, ma il cittadino comune che ascolta, affoga in una confusione che, alla fine, lo induce a rifugiarsi nei soliti grandi e confortevoli pregiudizi.
Sfugge però a molti di questi commentatori che tutte le religioni annoverano rappresentanti e predicatori che sono ipocriti e manipolatori.
Quando lavoravo in Israele ricordo bene che sul più importante giornale del paese venne pubblicata la foto di un signore che usciva dalla porta di un palazzo, in jeans e con un cappellino da baseball. C’era però accanto un’altra foto, dello stesso signore, ma tutto vestito di nero, con cappello e treccine. La didascalia recitava “al rabbino … piacciono le prostitute russe”.
Non me la prendo certo con gli ebrei osservanti, ma noi cristiani non siamo certamente da meno. Per tutti vale il principio “fate come vi dico, non come faccio”. Se un prete dice ai ragazzi, ma soprattutto alle ragazze, che non possono fare sesso prima del matrimonio, viene giudicato forse un po’ rigido. Se invece lo dice un imammusulmano, lui è un retrogrado oscurantista.
Queste realtà non mi meravigliano, perché tutti ci occupiamo della morale degli altri. Quello che mi ha molto meravigliato invece è il numero degli esperti del mondo islamico, dei quali hannopreteso di far parte molti parlamentari di diversa fede politica. Molti di quei politici e giornalisti non hanno mai camminato per le città e per i deserti di quel mondo. Io ho ancora la sabbia dei loro deserti nei risvolti dei pantaloni e conosco le famiglie e le comunità dei più lontani e difficili diquesti paesi. Sono stato invitato a molte feste, matrimoni, nascite di figli ed anche a una grande festa per la laurea in medicina di una ragazza tunisina. Lei era l’orgoglio e la gioia di suo padre, ottimo musulmano, che evidentemente non credeva che le ragazze non avessero diritto all’istruzione.
Molti musulmani credenti si sono ribellati atradizioni ancestrali, e per questo sono staticostretti a subire discriminazione e violenza nei loro paesi, oppure hanno cercato di emigrare da noi, pensando che nei nostri paesi avrebberoavuto libertà e diritti. Ma non mi sembra che sia sempre vero.
Comunque, nella gara fra ipocriti, non saprei a chi attribuire la medaglia d’oro.
Perdonaci Saman per non averti saputo difendere, ma soprattutto per aver capito così poco come poterti aiutare. E, ancor peggio, di fare così pocoper aiutare le altre migliaia di Saman che vivono tra noi e certo non solo mussulmane, ma nere, Rom e tante altre.
I tantissimi stranieri, i diversi, che raccolgono pomodori e frutta nei nostri campi ci servono, ma solo per le braccia che mettono a nostra disposizione. Quanto sono pagati, come vivono, la loro salute e la loro istruzione interessano ben poco. Però i diritti e la dignità di ogni persona non sono di destra o di sinistra, perché fanno parte delle costituzioni di tutti i paesi democratici.
Saman, una piccola ragazza pakistana – cheviveva fra noi e voleva essere italiana – è stata uccisa dalla sua famiglia, poco importa se perorrende ancestrali tradizioni. Lei è morta perché non era più nessuno. Nessuna comunità di riferimento, nessun gruppo di esseri umani che la considerassero una di loro. Si è ribellata, con incredibile coraggio, ad una prevaricazione inaccettabile, rifiutando il mondo dal quale proveniva, forse accettando addirittura la morte. Noi italiani però non avevamo fatto nulla per accoglierla fra noi, per difenderla, non solo con la polizia e tribunali, ma includendola realmente fra tutti quei ragazzi e ragazze che rappresentano il nostro futuro. La legge e le istituzioni che ci governano si occupano già male degli italiani, figuriamoci di una povera famiglia di agricoltori immigrati!
Continuiamo a lasciare indifese le donne, come provano i frequentissimi femminicidi compiuti da italianissimi, e polizia e tribunali intervengono quasi sempre dopo la morte di queste tantissime donne.
L’uccisione di una figlia, perpetrata dall’intera famiglia, appare certamente più orribile di un marito o di un fidanzato che uccidono la loro compagna, ma il risultato è lo stesso.
Non sottovalutiamo però il subdolo percorso e i metodi del condizionamento e della costrizione, che ancora colpiscono molte donne. Ho personalmente assistito alla guerra che una madre, benestante e laureata, ha fatto contro il ragazzo che la figlia aveva deciso di frequentare.E non si trattava di principi religiosi o etici, ma soltanto del censo del ragazzo, e cioè dei soldi. Un’avvocatessa di successo, nata in una città del nostro sud, mi ha raccontato che sin da piccola lei sapeva chi avrebbe dovuto sposare. La madre sapeva come condizionarla e manipolarla senza la violenza fisica. Per ribellarsi ha dovuto andar via dalla sua città. Molte donne dei quartieri altiselezionano con cura le scuole e le comunità dove far vivere figli e figlie, e sospetto che non sia la cultura il motivo di queste accurate scelte.
Lo ripeto: molti buoni cristiani ed ottimi musulmani non uccidono le figlie ribelli, ma quando mi sono lasciato scappare che pressioni e condizionamenti erano comportamenti ‘tribali’,anche in Italia, sono stato considerato pericoloso, e guardato con sospetto.
Nessuna comunità umana è indenne da questo pericoloso percorso di condizionamento ecostrizione, soprattutto verso le ragazze. Molte istituzioni e associazioni fanno già molto, ma certamente non basta. Sbandieriamo in giro i casi delle donne di successo, e per fortuna ce ne sono sempre di più nella politica, nella scienza, nell’arte e nel management. Ma le invisibili sono dimenticate e trascurate, come se occuparsi dell’educazione dei bambini o della cura dei più fragili non abbia alcun valore.
Perdonaci Saman, non perché i carabinieri sono arrivati troppo tardi, ma perché, anche se la legge dovrebbe valere per tutti, nessuno si è preoccupato che non potessi andare a scuola, che non potessi uscire di casa o praticare uno sport. Come tanti altri nel mondo, neanche noi italiani riusciamo a costruire una società dei diritti e della dignità, che si occupi di tutti, non solo per difenderli dalla violenza, ma per affermare un rispetto della donna e della diversità che è l’unica cosa che caratterizza una società democratica di esseri umani.
Saman, pochissimi hanno detto che tu sei stata una coraggiosissima ribelle, una fantastica ‘fanatica della femminilità’, come dice JoumanaHaddad, la scrittrice libanese, nel suo grande libro “Ho ucciso Sherazade”, che ci parla della forza della diversità delle donne come te.