“Cinquantadue” e la violenza sulle donne

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“Cinquantadue” e la violenza sulle donne – Un numero può far riflettere sul devastante problema della violenza sulle donne? Fino a che punto può spingersi la reazione di chi è costantemente sottoposta ad un oppressivo rapporto?

Questi gli interrogativi che si pone, ed ai quali non dà risposta ma la lascia alla sensibilità dello spettatore, il cortometraggio “Cinquantadue”, opera prima dei registi Sebastiano Casella ed Andrea Bernardini, presentato, in un’inquietante concomitanza con la scoperta dell’assassinio di Giulia, al Rome Independent Film Festival.
Così in un tranquillo week end di novembre irrompono due numeri 105, triste conta dell’ennesimo femminicidio di quest’anno nel nostro Paese, e 52, enigmatico titolo del nuovo cortometraggio.

La storia di Adele e del suo oppressivo rapporto con il compagno, violento tossicodipendente agli arresti domiciliari nella periferia romana, che le ha annientato l’anima tanto che alla protagonista, una bravissima Manuela Zero, gli sceneggiatori fanno recitare solo poche battute lasciando tutto il patos della recitazione in uno sguardo perso e spento, che ormai non è in grado nemmeno di esprimere odio.
Lei, tornata a casa, riferisce di non aver potuto portare la droga perché stuprata da tre giovani spacciatori di borgata inducendo così il compagno ad uno scatto d’ira tanto da uscire, in violazione dell’obbligo dei domiciliari, per punire i ragazzotti i quali però lo uccidono.
E’ stato tutto organizzato da Adele, la quale dopo l’omicidio senza lacrime né compiacimento vaga per le strade della periferia verso l’infinto? Se fosse così, ha fatto bene a farlo?
Questi gli interrogativi che vengono lasciati allo spettatore ed ai quali gli autori non danno risposta.
«Adele è una donna sola, che si è spenta poco alla volta. E il buio che la abita tinge le pareti della scena con colori cupi e bruciati, opprimenti, fino a farne un’immagine riflessa del suo dramma interiore» spiega Sebastiano Casella.
“Cinquantadue” è l’articolo del codice penale che disciplina la legittima difesa e questo è il vero messaggio o, meglio, l’interrogativo del corto.
Fino a che punto può spingersi la legittima difesa di una donna oppressa da un uomo violento e sempre in pericolo di vita? Aspetto, non comunemente evidenziato, e sul quale varrebbe la pena una riflessione.
Per la normativa in vigore, il famoso art.52 c.p., perché possa configurarsi la scriminante è necessario, tra gli altri, il requisito dell’attualità del pericolo, che, nel caso di Adele, non sussisteva nel senso voluto dalla legge, lei era, in effetti, sottoposta al costante pericolo di una reazione violenta del compagno per un nonnulla, ma la stretta attualità del momento non sussisteva per cui, se fosse stata la mandante dell’omicidio, la condanna sarebbe stata inevitabile.
L’ipotetico difensore di Adele avrebbe potuto tentare la strada della legittima difesa putativa, prevista dall’art. 59 c.p., il quale stabilisce che “se l'agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui”, ma l’errore in questo caso sarebbe caduto sulla norma e non su elementi di fatto, per cui il tentativo avrebbe avuto scarse possibilità di riuscita. Altro sarebbe stato il caso in cui la vittima avesse creduto, anche erroneamente, che nell’attualità il compagno stava per ucciderla ed avesse chiesto l’aiuto nell’immediatezza degli spacciatori, ma così non è stato.
E’ evidente, quindi, che il tema si debba porre de iure condendo e la delicatezza della questione necessita approfondita riflessione. Il disegno di legge delega approvato dal Consiglio dei Ministri in data 7 giugno 2023 non lo affronta ma costituisce certamente un grande passo avanti nella lotta ai femminicidi inasprendo le pene e soprattutto focalizzandosi sui così detti “reati spia”, proprio per prevenire piuttosto che reprimere.

Probabilmente un ampliamento dei confini della scriminante, come avvenuto con le recenti modifiche della c.d. legittima difesa domiciliare, potrebbe essere opportuno, ma sempre con il necessario equilibrio di contemperamento dei diritti e degli interessi in gioco. Certamente l’interrogativo lasciato aperto da “Cinquantadue” è quanto mai opportuno.

Di Antonfrancesco Venturini

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