Alle elezioni il centrodestra ha vinto nettamente anche nei collegi uninominali – “Il margine di vittoria del centrodestra all’interno dei collegi è stato nettamente superiore a quello del centrosinistra e del Movimento 5 Stelle, soprattutto nei collegi del Nord e del Centro. In generale, quindi, possiamo dire che il centrodestra, oltre ad aver vinto la gara uninominale nella maggioranza dei collegi, ha anche ottenuto un buon margine di vittoria nella maggior parte di questi”. Lo sottolinea l’Istituto cattaneo, in un’analisi del voto per quanto riguarda i collegi uninominali.
L’Istituto Cattaneo prosegue: “La contendibilità nel 2022 è stata maggiore nei collegi delle ex Zone rosse, nel Sud e nelle Isole, con 10-12 punti percentuali di differenza tra il primo e il secondo arrivato, e decisamente minore nel Nord e nel Centro Italia, con 20-26 punti di differenza”.
“Abbiamo considerato inoltre lo scarto di voti ottenuti tra il primo e il terzo arrivato. In questo caso uno scarto più basso indica che il terzo arrivato avrebbe avuto in termini relativi maggiori possibilità di scalzare il primo, indicando che la competizione in tali collegi si è giocata tra tre poli”, si legge.
Questo è quello che osserviamo nel Sud e nelle Isole: la differenza tra il primo e il terzo arrivato in queste aree e’ sempre intorno ai 20-21 punti percentuali, ovvero tanto quanto la differenza tra il primo e il secondo arrivato nei collegi del Nord. Al contrario, la differenza tra primo e terzo arrivato nei collegi nelle zone Rosse è di quasi 40 punti, a fronte di una differenza di meno di 12 punti tra il primo e il secondo: questo dato indica che questi collegi sono stati molto contendibili, ma la competizione si e’ giocata principalmente tra due attori principali, ovvero le coalizioni di centro-destra e centro-sinistra”
Quattro scenari alternativi
L’Istituto Cattaneo si esercita inoltre “in un puro esercizio contabile”. Lo studio continua: “Sorge spontanea la domanda su come sarebbero andate le cose se la principale coalizione alternativa al centrodestra avesse incluso altre liste o partiti, proponendo candidati unici ai collegi uninominali. Ovviamente nessuno è in grado di prevedere come si sarebbero distribuiti i voti tra partiti, coalizioni e astensione, in questi diversi scenari”.
Per esempio, “se il Movimento 5 Stelle si fosse alleato con il PD, molti suoi elettori avrebbero potuto astenersi. Allo stesso tempo, se la coalizione di centro-sinistra avesse incluso Azione e Italia Viva, l’alleanza Sinistra/Verdi avrebbe potuto perdere voti. Inoltre, una maggiore contendibilità tra centro-destra e centro-sinistra avrebbe potuto indurre al voto alcuni cittadini che hanno scelto di non votare per manifesta superiorità di una parte sull’altra. È quindi impossibile determinare come sarebbero andate le cose“.
L’Istituto comunque calcola quattro scenari alternativi: “Quello di un’alleanza allargata tra centro-sinistra, terzo polo e Movimento 5 Stelle, e due alleanze più ‘semplici’, ovvero tra centrosinistra e Movimento 5 Stelle o tra centrosinistra e terzo polo”.
Nel primo scenario alternativo, “l’alleanza allargata avrebbe ottenuto quasi il doppio dei seggi uninominali rispetto al centrodestra, uno scenario che quasi (ma non completamente) ribalta i rapporti di forza effettivamente registrati alle elezioni. Una alleanza tra centrosinistra e M5S avrebbe ottenuto la metà dei seggi uninominali alla Camera e la maggioranza dei seggi al Senato, togliendo quasi 80 seggi al centrodestra”.
“Ovviamente” si sottolinea ancora “non è realistico pensare che i voti ottenuti dalle coalizioni nei diversi scenari sarebbero stati come quelli osservati in realtà. Tuttavia, questo esercizio documenta come l’effetto maggioritario possa influenzare la composizione del Parlamento, e come questo possa essere sfruttato a proprio favore con piu’ opportune alleanze”.
Sulla distribuzione territoriale delle opposizioni l’Istituto Cattaneo rileva: “Dalla distribuzione del voto risulta che le tre principali forze politiche di opposizione (Pd, M5s, Azione) hanno elettorati complementari. La mappa del voto al Pd è quasi perfettamente speculare a quella del M5S. Il primo meglio radicato nel Nord-Ovest, nel centro delle grandi città e nella Zona Rossa (Emilia-Romagna, Toscana, Marche e Umbria settentrionali), il secondo al Sud, in Sicilia e nelle periferie disagiate dei grandi centri urbani. Azione ha maggiori consensi nel Nord-Est (a parte un evidentissimo ‘effetto Pittella’ in Basilicata)”.
Lo studio prosegue: “Rimangono alcune differenze tra Nord-Ovest e Nord-Est che sconsigliano di considerare il Nord come un tutt’uno. Semmai c’e’ da tenere conto del netto orientamento a destra della dorsale che scorre lungo le province di Rovigo, Padova, Verona, Brescia, Sondrio, Como da un lato e della storica diffidenza verso la destra nazionalista del Trentino-Alto Adige dall’altro”.
La Zona rossa mantiene, sebbene in una misura attenuata, “la prevalenza del voto a sinistra, anche se i suoi confini non coincidono (come del resto in passato) con quelli regionali. Vi rientra la Liguria orientale, ne sono escluse Ferrara, Piacenza, oltre alle provincie meridionali di Umbria e Marche che presentano tendenze piu’ simili ad altre province del Centro (Lazio, Abruzzo) dove torna a prevalere il Centrodestra”.
“Rimane la relativa omogeneità, sul piano elettorale, anche della Zona meridionale, composta dalle restanti regioni del Sud e dalle Isole. La Sardegna ha in effetti caratteristiche proprie che in passato avevano consigliato di aggregarla alle regioni del Centro. Una scelta che oggi non appare più giustificata”