Giocatrici di beach volley vincono l’integralismo del Qatar

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beach volley Qatar

Aveva destato scalpore e ovvia soddisfazione nei più il rifiuto delle due campionesse di beach volley tedesche, Karla Borger e Julia Sude, di partecipare all’ormai vicino Campionato Mondiale (Tour World) femminile a Doha, perché le autorità del Qatar avevano imposto alle giocatrici di indossare maglietta e pantaloni lunghi durante il torneo, anziché lasciarle giocare con i consueti bikini e pantaloncini e la Federazione mondiale di beach volley (FIVB) aveva accettato “per rispetto della cultura e delle tradizioni del Paese ospitante”.

Ieri, giovedì 26 febbraio, è giunta notizia che Karla e Julia, nel loro piccolo, hanno vinto una gara ancora più importante: quella per la libertà delle donne in particolare nello sport. Infatti potranno indossare con le colleghe i loro “abiti da lavoro”.

Proprio così li aveva giustamente definiti Karla in una trasmissione radiofonica tedesca domenica scorsa: “Dobbiamo andare lì per fare il nostro lavoro, ma ci viene impedito di indossare i nostri abiti da lavoro – aveva spiegato con forza – Quello (il Qatar, appunto, ndr) è l’unico Paese dove il governo locale ci dice come dobbiamo svolgere il nostro lavoro, e a noi questo non va assolutamente bene”.

La decisione delle due campionesse di beach volley di non disputare il torneo in Qatar era stata sostenuta dalla Federazione tedesca. Karla ha anche precisato che lei e la compagna rispettano con piacere usi e costumi dei Paesi dove si recano a giocare, ma questa volta non potevano accettare. Anche per motivi pratici, perché la giovane ha spiegato che marzo in Qatar ci saranno 30 gradi! Poi stoccata ai dirigenti sportivi, perché hanno deciso di far disputare la competizione in un Paese con simili regole. Quando ha saputo che il Qatar aveva fatto marcia indietro, Karla ha parlato di “un passo giusto”; “piccolo, ma giusto” e si è detta “curiosa di vedere come si svilupperà la situazione nei prossimi anni”.

La vicenda si lega in qualche modo alla terribile questione dei lavoratori stranieri poveri, impiegati per preparare quanto servirà per i Mondiali del 2022, che saranno disputati sotto il regime della dinastia al-Thani (governato tra l’altro da sovrani poligami come quello attuale, il 40enne Tamim, figlio di Hamad e della sua seconda moglie, la bellissima, affascinante ed influente anche livello internazionale Sheikha Mozah, con cui ha persino presenziato alla prima della Scala nel 2015 e amante della moda italiana … Mozah, che non indossa il velo ma un turbante “incantatore”).

Il “Guardian” ha riportato che in dieci anni sono morti almeno 6750 lavoratori immigrati, il che equivale a 12 alla settimana e certamente purtroppo non sarà finita qui. Altro che i 37/67 ufficiali! Questi poveretti provenivano di India, Pakistan e Sri Lanka … Di fronte certe cose non ci si dovrebbe veramente piegare: né vanagloria né per il vil denaro!

Di Alessandra Boga

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