Desio: chiude la scuola delle ginnaste umiliate, “Quanto fango su di noi”

7 mins read
desio

Desio  – Sola, faccia tirata e telefono in mano, Emanuela Maccarani ieri mattina se ne stava appoggiata al bancone del grande e desolato atrio dell’Accademia internazionale di ginnastica ritmica di Desio, provincia di Monza e Brianza. Non capita mai di vederla lì. Il suo posto è sempre, da sempre, a bordo pedana. Le luci della palestra sono spente, non si sente la musica che otto ore e più al giorno, sei giorni su sette, scandisce gli allenamenti delle Farfalle. Fino a ieri pomeriggio, le “sue” Farfalle. L’ordinaria e inattaccabile disciplina della squadra nazionale di ginnastica ritmica è stravolta dalle storie raccontate a giornali e televisioni dalle ex atlete: l’obbligo di rispettare un regime alimentare ossessivo e scorretto, le umiliazioni, i lassativi. I disturbi alimentari, la paura. «Ci sta arrivando addosso un mare di merda». Mima il gesto, un cerchio sopra la testa, proprio come fa da tutta una vita abbozzando i movimenti che poi le ragazze devono studiare in palestra. Non vuole ribattere alle accuse, scuote la testa. «Vedere scritte quelle cose sui giornali mi fa male. Ma non darò un’intervista a un giornale, a nessun giornale. Ci saranno delle novità, ne arriveranno di cose». Quali, quali cose? «Una conferenza stampa, forse. Non so ancora quello che farò. E poi la procura indaga, no? Vedremo. Basta, non dico più niente». Porte chiuse.

Al posto suo, e non in sua difesa, parla la Federazione. Nel tardo pomeriggio il presidente della Fgi Gherardo Tecchi con una delibera urgente dispone il commissariamento dell’Accademia di Desio. Il commissario sarà il vicepresidente vicario della Federazione Valter Peroni. Una volta alla settimana ci sarà «una verifica da parte di un ufficiale di servizio preposto a raccogliere eventuali fatti anomali da parte delle ginnaste».

Negli abusi raccontati dalle ex farfalle le protagoniste a volte sono le assistenti, altre le allenatrici. Ma a capo di tutte, di tutto, da più di vent’anni c’è lei. Emanuela Maccarani riceve l’incarico di allenatrice responsabile della Nazionale di ritmica nel 1996. La sua è una carriera straordinaria. Nessuno come lei. Le prime medaglie arrivano dopo un paio d’anni, ai campionati europei. Ancora più su, l’argento olimpico di Atene nel 2004. La medaglia d’oro ai campionati del mondo di Baku, soffiata all’eterna rivale, la Russia. Olimpiadi, Mondiali, Europei e World Cup: è l’allenatrice italiana più medagliata di sempre.

Ammirata, invidiata: tutto il mondo vorrebbe rubare alle Farfalle la fantasia, l’estro, l’originalità dei suoi pluripremiati esercizi. Tanto che si chiacchierava di straordinari compensi a lei offerti – e rifiutati con orgoglio – dagli altri Paesi per avere un esercizio firmato Maccarani. E ora? Nessuno entra e nessuno da quel palazzone imponente tanto desiderato e voluto proprio da lei. «Questo luogo è un’altra medaglia delle azzurre, vale come una medaglia – disse lei all’inaugurazione -. Finalmente le farfalle hanno una casa». Ma ieri mattina, sarà anche colpa di una nebbiolina tristanzuola o del grande, vuoto e incolto parco che lo circonda, l’Accademia pareva più che un traguardo di cui andare orgogliosi una grande nave spersa. A bordo resta solo una capitana indiscussa che se proprio non affonda, di sicuro naviga in cattivissime acque.

Le denunce delle ex ginnaste non arrivano solo dalle ex farfalle. Sono decine e decine, tantissime arrivano dalla Lombardia. Oltre alle Marche, dove si allena con la ex campionessa italiana Julieta Cantaluppi la neo campionessa del mondo Sofia Raffaeli, è qui che si coltivano i talenti migliori. Quassù quasi tutti i paesini – Desio, ma anche Senago, Lissone, Monza, Rho, Muggiò – ospitano una squadra giovane e agguerrita. Sempre più brave, sempre più allenate. Migliorano i risultati, si fanno più grandi i sacrifici. Così negli ultimi anni sono nati tanti piccoli centri tecnici. Anche se le ginnaste non sono tutte potenziali azzurre, sono tutte aspiranti azzurre: l’Accademia è il sogno, il massimo obiettivo da raggiungere. E per decine e decine di bambine e ragazze la quotidianità diventa otto ore al giorno di palestra, scuole serali, settimane e a volte mesi lontano da casa. Allora è legittimo chiedersi: per quante di loro la bilancia è una tortura, il peso un’ossessione? Se lo fanno loro, le più brave, meravigliose, allora lo dovrò fare pure io, no? Nel primo baretto che si raggiunge a piedi dall’Accademia di Desio si chiacchiera di ginnastica ritmica come altrove si parla di calcio. Tutti sanno, tutti hanno letto. Nessuno pare particolarmente stupito, anzi. «Come sono mingherline, sempre più mingherline», dice. «Ma non è mica giusto cosa vuoi che ingrassino delle ragazze che fanno tutto quello sport lì», ribatte un altro. «Una volta ho visto una ragazzina pranzare con quattro fette di mela e due, ma proprio due, di bresaola – borbotta il barista, che è lo stesso dal 1996, come lo è Maccarani allenatrice della nazionale -. Non me lo scorderò mai. Mi dispiace, ma no. Così non va più bene».

LaStampa

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Latest from Blog