Covid19 e transizione energetica

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Covid19 e transizione energetica – Opportunità o illusione?

Miliardi di persone cercano risposte a tutte le domande che l’emergenza Covid-19 ha portato con sé e sulle vite perse, ma non c’è dubbio che la “tempesta perfetta” che ha scatenato, travolgendo l’economia globale, incendiando i prezzi delle materie prime come petrolio, carbone, gas e bloccando la catena di produzione sta alimentando un vero e proprio “dibattito virale” tra i due schieramenti. Quelli che vedono in questa crisi un’occasione per dare una spallata alle fonti più inquinanti al mondo e quelli che li ritengo indispensabili per la crescita economica ancora per molti decenni.

Fatto sta che si tratta di una profonda crisi, in gran parte conseguenza delle necessarie misure di contenimento, e che potrebbe avere probabilmente un impatto anche nel lungo periodo. “Il mondo è cambiato radicalmente” per dirla con le parole del World Economic Outlook (WEO) nel suo ultimo aggiornamento sull’economia globale, che taglia la previsione di crescita mondiale nel 2020 dal 3,3% a -3%, sentenziando una profonda recessione.

In Europa, secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale (FMI), il Pil vedrà una contrazione del 7,5%, con l’Italia in seconda peggiore posizione con -9.1% dopo la Grecia che tocca -10%. Fuori dal continente gli Stati Uniti scendono -5.9%, mentre Cina e India manterranno il segno positivo con 1,2% e 1,9% rispettivamente. Il crollo della Libia che tocca il “fondo del barile” con -58.7%, segnando il peggior risultato a livello mondiale, è la rappresentazione più inquietante dell’effetto combinato Coronavirus ed instabilità politico-economica. Complessivamente l’Africa, sempre per il FMI scenderà a -1,7%, di cui -1.8% nell’area sub-sahariana, mentre per il rapporto “Africa’s Pulse” della Banca Mondiale la pandemia potrebbe portare il Pil del continente africano a -2.1% nel 2020.

Si tratta della prima recessione per il continente dopo un quarto di secolo. Ma nonostante le misure di limitazioni e distanziamento sociale adottate in anticipo dai governi l’allarme resta molto alto a causa della persistenza di una serie di carenze nei servizi sanitari adeguate, confermate anche dal recente sondaggio condotto nel marzo 2020 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in 47 paesi e rivelando la disponibilità in media di appena nove letti di unità di terapia intensiva per un milione di persone. Un dato molto preoccupante, considerando il complicato accesso fisico a questi servizi per la popolazione, le pregresse problematiche di accesso all’acqua e all’energia, gli sconvolgimenti climatici e la diffusa disoccupazione. L’Africa, oggi più che mai, resta un osservato speciale, tanto che il Gruppo della Banca Mondiale e il FMI hanno dichiarato di mobilitare partner per garantire che i paesi africani siano in grado di rispondere efficacemente alla crisi sanitaria e per proteggere l’economia e fornire le basi per una ripresa forte e sostenibile.

Le risorse energetiche rappresentano un vitale motore per la crescita nel continente. Ricordiamo che in Africa sub-sahariana, la crescita nel 2020 era attesa al 3,4 per cento secondo il WEO. Prezzi del petrolio più elevati, sebbene volatili, avevano supportato le prospettive in particolare per l’ Angola, la Nigeria e altri paesi esportatori di petrolio della regione.

Si dovrà ripartire da capo. La pandemia ha azzerato la crescita e mentre tutto il mondo concentra le proprie attenzioni per far fronte alla crisi globale, alcuni istituti di ricerca provano a misurare i suoi effetti sul settore energetico. La questione, unita a quella ambientale, è al centro del dibattito globale da decenni ormai, e spesso affrontata dalle nazioni in maniera frammentaria.

Intanto il virus si conferma una potente “arma di distruzione economica”, portando il prezzo del petrolio, andato sotto lo zero, nel più grande tracollo dal dopo guerra. Il braccio di ferro sui prezzi dell’oro nero, in particolare tra Arabia Saudita, USA e Russia, ha contribuito alla caduta libera dei prezzi. Ma la partita energetica si gioca su un altro terreno. Lo spostamento dell’asse energetico verso i paesi in via di sviluppo, in particolare Cina e India, l’espansione economica dei Paesi in Via di Sviluppo, la crescita della popolazione mondiale e la crescente domanda e consumo di energia pongono con urgenza il tema dell’approvvigionamento di risorse energetiche. Con quali conseguenze?

Cina, Petrolio, Gas e Carbone.

La Cina è il maggior importatore di petrolio al mondo, consuma 14 milioni di Barili al giorno
(equivalente di Francia, Germania, Italia, Spagna, Giappone, Regno Unito e Corea del Sud messi
insieme). E’ anche il Paesi in cui ha avuto origine il covid19, sicché la domanda di petrolio è
crollata nel tempo con la diffusione del virus, causando lo stop ai voli da e per la Cina,
l’interruzione delle attività produttive nella più grande fabbrica del mondo, calo del turismo,
interruzione degli approvvigionamenti, debolezza della domanda e calo della fiducia dei
consumatori.
Oltre al Petrolio il coronavirus sta colpendo anche il mercato del gas naturale liquefatto, che già
pativa prezzi ridotto legati ad un eccesso di offerta (in particolare dagli USA), crollato a causa della
contrazione del consumo dalle aziende cinesi, maggior consumatori del LNG importato.
Ma l’effetto più consistente del covid19 ha colpito il carbone, con la domanda globale scesa a
quasi al 39,8% rispetto al primo trimestre del 2019, con la Cina il più grande consumatore di carbone
del mondo.

Cina e l’industria delle energie rinnovabile

Le misure di contenimento degli effetti sui prezzi di petrolio, gas e carbone stanno avendo
ripercussioni anche sull’industria delle energie rinnovabili. E’ ancora una volta la Cina a detenere
numeri da record anche in questo comparto. Di fatto, oltre ad essere il più grande produttore
mondiale di impianti ad energia solare, è anche il maggior produttore di turbine eoliche e ha la più
grande capacità di energia eolica al mondo. A questi occorre aggiungere il rischio per il
rallentamento della produzione delle batterie, ritardando la crescita dell’industria dei veicoli elettrici
anche a livello globale. Il coronavirus rappresenta a tutti gli effetti un pericolo la supply chain.

Energie, “ai calci di rigore”.

Il crollo delle materie prime, petrolio-carbone-gas, sta avendo un profondo impatto sul sistema
energetico globale. Il ricorso ad una spesa eccezionale per far fronte alla crisi del Conronavirus,
potrebbe indurre alcuni dei paesi più importanti sullo scacchiere internazionale (Cina,India, Usa in testa) a virare, almeno nel medio termine, verso una politica industriale accelerata e ad alta
intensità da fonti fossili. Una rincorsa che potrebbe rischiare di vanificare lo sforzo verso uno
sviluppo sostenibile, offuscando l’emergenza degli effetti climatici.
Se le restrizioni sulle attività hanno ridotto la domanda di energia e abbassato il livello di emissioni
CO2 di quasi il 39,8%, come non accadeva da quasi 70 anni, in molti però sono concordi sul fatto che
la contrazione delle economie nazionali per effetto del coronavirus rappresenta altrettanto una
minaccia globale per la transizione verso uno sviluppo sostenibile, che richiede ingenti investimenti
pubblici e privati. La riduzione delle economie non è un percorso protetto per ridurre le emissioni,
con il rischio che gli investimenti economici programmati possano essere destinati a sostenere
l’emergenza del coronavirus.
Ne fa preoccupazione il direttore dell’IEA Fatih Birol , che aveva invitato da subito i governi a
mantenere costante l’attenzione per un futuro energetico sicuro e pulito. Per l’Agenzia questa crisi
potrebbe rappresentare addirittura una opportunità storica in mano ai governi per guidare quegli
investimenti avviando pacchetti di stimolo sostenibili incentrati sulle tecnologie energetiche pulite.
D’altra parte i leader europei hanno promesso di allineare le misure d’emergenza con il green
deal della Commissione europea .
Di opportunità ne parla anche il direttore generale dell’IRENA, Francesco La Camera, nel rapporto
Global Renewables Outlook: Energy transformation 2050 rilasciato ad aprile 2020. Per
l’Agenzia un percorso sicuro per il clima richiederebbe investimenti energetici cumulativi di 110
trilioni di dollari entro il 2050 promuovendo così una crescita economica sicura e creando milioni di
posti di lavoro. Inoltre ce da tener conto che la trasformazione prevista sarebbe ampiamente
redditizia, nella misura in cui il rendimento finanziario sarebbe compreso tra tre e otto dollari per
ogni dollaro investito.
E’ un occasione importante soprattutto per l’Africa. Per il Dr. Amani Abou-Zeid, Commissario per
le infrastrutture e l’energia della Commissione dell’Unione Africana è tempo di utilizzare le enormi
risorse energetiche rinnovabili dell’Africa a beneficio del popolo africano in risposta alla pandemia
di coronavirus. Risorse che possono significare il futuro per un continente dove la demografia
corre rapidamente. L’ONU prevede che potrebbe raddoppiare fino a 2,5 miliardi di persone entro il
2050, mentre ospita oltre i due terzi dei paesi meno sviluppati del mondo e 600 milioni di persone
vivono attualmente senza accesso ai moderni servizi energetici. Un paradosso per un continente
che possiede un vastissimo potenziale energetico rinnovabile, solare ed eolico in testa.

UE ai tempi del Covid19, cresce il contributo rinnovabile

Le sollecitazioni per un cambio di rotta arrivano però dal continente più impegnato sul fronte del cambiamento climatico e delle nuove energie. “Usando il Green Deal europeo come nostra bussola, possiamo trasformare la crisi di questa pandemia in un’opportunità per ricostruire le nostre economie in modo diverso e renderle più resilienti”, ha affermato il 28 aprile il Presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Per i Paesi europei questa crisi sarebbe da cogliere pienamente per spingere in maniera più decisa sulla transizione verso un’economia sostenibile e di confermare il proprio ruolo di leadership globale. I numeri sono dalla sua parte. Risultati confortanti per il futuro delle energie da fonti puliti arrivano dai dati del gruppo tecnologico Wärtsilä, che mette in risalto il grande contributo energetico durante questa Pandemia nel vecchio continente. Per Wärtsilä le cifre segnano un eccezionale cambiamento nel mix energetico europeo e le risposte europee al Covid-19 accelerano la transizione del sistema elettrico di un decennio. Nella sua analisi del 17 aprile scorso, il gruppo parla di diminuzione di produzione di energia basata sul carbone di oltre un quarto (25,5%) nell’UE e nel Regno Unito nei primi tre mesi del 2020, rispetto al 2019, a seguito della risposta a Covid-19, con energia rinnovabile che raggiunge una quota del 43%. L’analisi proviene dal Wärtsilä Energy Transition Lab , una nuova piattaforma dati gratuita sviluppata da Wärtsilä . In termini assoluti, l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili rappresenta la quota di mercato maggiore e la crescita in questo settore è guidata principalmente dall’eolico e dal solare fotovoltaico.

L’impatto della crisi di Covid-19 sui sistemi energetici europei è straordinario. Stiamo assistendo a livelli di elettricità rinnovabile che alcune persone credevano avrebbero causato il collasso dei sistemi, eppure non lo sono – in effetti stanno affrontando bene. La domanda è: cosa significa questo per il futuro?”, ha dichiarato Björn Ullbro, Vicepresidente per l’Europa e l’Africa di Wärtsilä Energy Business nel loro comunicato.

La domanda globale di energia è diminuita del 3,8% nel primo trimestre del 2020, mentre la domanda di elettricità è scesa del 20% a causa delle misure di confinamento.

Il crollo dei prezzi di Petrolio e Gas potrebbe accelerare il sorpasso delle energie prodotte da fonti rinnovabili. Un processo già avviato da qualche anno, come suggerisce l’analisi “Renewable Power Generation Costs in 2018” dall’Agenzia internazionale delle energie rinnovabili (Irena).

Il rapporto evidenzia le ultime tendenze per ciascuna delle principali tecnologie di energia rinnovabile e mette in luce l’eccezionale competitività per soddisfare le nuove esigenze.

I continui ribassi dei costi mettono in risalto l’appetibilità delle energia rinnovabile come soluzione a basso costo per il clima e la de-carbonizzazione. Il costo medio ponderato globale dell’elettricità è diminuito del 26% su base annua per l’energia solare a concentrazione (CSP), seguita da bioenergia (-14%), solare fotovoltaico (PV ) e l’eolico onshore (entrambi -13%), l’energia idroelettrica (-12%), l’eolico geotermico e offshore (entrambi -1%), secondo il rapporto dell’Agenzia.

Dati che confermano l’opportunità di cogliere questo potenziale per una ripresa economica “pulita”. In questa crisi globale avviata dal COVID19, diventa inevitabile la necessità di ri-inventare un nuovo paradigma di sviluppo basato su modelli sostenibili per una transizione energetica sicura.

Restano comunque aperte delle sfide importanti. Se è vero, che l’energia rinnovabile sta facendo enormi progressi nel settore dell’elettricità, questi però non sono abbinati a sviluppi significativi nei trasporti e nel riscaldamento, che insieme rappresentano l’80% del consumo energetico globale. La questione dell’efficienza energetica resta un tema molto dibattuto e aperto. Lo confermava l’anno scorso il Rapporto IEA 2019 “Il mondo energetico è caratterizzato da profonde disparità e divario tra la promessa di energia per tutti e il fatto che quasi un miliardo di persone non ha ancora accesso all’elettricità”, mentre IRENA chiede di raddoppiare gli obbiettivi per raggiungere 7,7 terawatt (TW) di capacità installata a livello globale (gli impegni attuali puntano solo 3,2 TW).

La transizione verso un nuovo paradigma industriale e tecnologico, rappresenta quindi una delle più grandi sfide globali dei prossimi decenni. Tenuto conto di alcuni trend che caratterizzano le prospettive future, come il peso della demografia, delle previsioni di crescita della domanda d’energia, dello sviluppo di alcuni paesi, degli impatti ambientali e climatici legati alle energie tradizionali e fossili, spingono inevitabilmente a un’evoluzione del sistema energetico verso un nuovi modelli.

Di E. El J

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