MERCI PADRON!

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francesco barone - schiavi
Francesco Barone
Risale al 1532 il primo “carico di schiavi” e da allora, l’Africa viene catapultata nel nascente sistema economico mondiale attraverso il mercato degli schiavi.
Per molti secoli, milioni di persone, sono state vendute in cambio di fucili e braccialetti.
Nel corso dei secoli, man mano che sparivano le catene dai polsi e dalle caviglie delle persone, ci siamo illusi che la schiavitù fosse soltanto una terribile e vergognosa parentesi della storia dell’umanità. E invece, non è così! Sono sparite le catene nei polsi e nelle caviglie delle persone, ma sono rimaste quelle invisibili.
La schiavitù di oggi riguarda tutto il pianeta, perché la globalizzazione è anche questo, la brutalizzazione delle condizioni delle donne e degli uomini. I ricordi riconducibili alla subalternità umana riguardano anche i linguaggi, i modi di parlare, di rapportarsi.
Durante i miei viaggi umanitari in Africa, offrendo qualcosa alle persone, mi è stato risposto: merci padron.
E’ una delle frasi che meglio di altre rappresenta il senso di un mondo sofferente, mondo in cui, milioni di bambini muoiono di fame e di sete, non dispongono delle cure più elementari e non hanno accesso all’istruzione.
Pochi fenomeni della storia moderna e contemporanea sono state gravate da un malessere etico-intellettuale così profondo come quello della schiavitù. Chi è schiavo è un oggetto di proprietà, non appartiene a se stesso ma appartiene agli altri. E’ una delle grandi contraddizioni della storia: la cosiddetta civiltà del ragionamento che consente, giustifica e legittima la più vile espressione dell’irrazionale.
C’è chi continua a parlare di progresso, di malate guarite, di successi e realizzazioni personali, di livelli di vita accresciuti. Invece, sarebbe più realistico parlare di civiltà svuotate, di culture calpestate, di terre saccheggiate. Non restare muti di fronte a queste ingiustizie, significa richiamare l’attenzione su una nuova e possibile concretizzazione del discorso sui diritti.
Vuol dire avviare forme di sensibilizzazione nei confronti delle numerose forme di disuguaglianze e vulnerabilità. In
considerazione dei recenti avvenimenti che riguardano intere popolazioni ridotte allo stremo delle forze, non è azzardato ritenere che oggi, il diritto meno garantito è il diritto alla vita. Stiamo vivendo in un mondo in costante emergenza e non solo sanitaria.
Che altro dobbiamo attenderci? Forse è il caso di pensare a un nuovo modello di sviluppo, in cui prevalgono le idee di conoscenza, educazione e solidarietà. Idee basate su profonde convinzioni dell’importanza di “essere comunità”.
La riscoperta di questa dimensione comunitaria rappresenta oggi un’ulteriore priorità. Lo stare bene, come meta della vita di ognuno di noi, dipende dall’impegno e dalla capacità delle persone, in relazione tra loro, di coniugare i valori
propri con quelli degli altri, della società e delle istituzioni.
Ora più che mai risulta essenziale la trasmissione della “chiarezza umana”, il senso di responsabilità verso sé
stessi e verso il mondo, in termini di verità e autenticità.
Questo richiede empatia verso gli altri con diverse identità, comprensione dei diversi flussi di civiltà e capacità
di vedere le differenze come opportunità di relazioni costruttive, rispettose e pacifiche tra le persone.
Ciò sarà possibile soltanto se si è pienamente consapevoli che in alcune part del pianeta, gli essere umani non sono considerate persone e viceversa.
E’ idea comune che è povero colui che non dispone del necessario per vivere, ma lo è altrettanto chi si colloca ai confini della certezza assurda e della negazione di chi soffre, non essendo colpevolmente più in grado di riconoscere e
ammettere la verità. Schiavi noi stessi delle “leggi” di questa nuova mondializzazione, siamo portatori di un prodotto già preconfezionato, contrassegnato dal chi ha troppo e chi non ha niente.
Quale dovrebbe essere, quindi, il nostro dovere di fronte ai poveri? Innanzitutto non restare indifferenti davanti al
dramma di bambini e adulti che annegano, mentre di notte il cielo si illumina di luna piena oppure quando il sole ha bruciato la loro pelle. Il nostro dovere è schierarsi contro qualsiasi forma di violenza o di prevaricazione, opponendoci agli adulti senza scrupoli e vigliacchi che sfruttano bambini indifesi e costringono le bambine a prostituirsi.
Non sono forse questi bambini i nuovi schiavi?

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