L’infinito calvario del Congo: fare presto!

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Continuano senza sosta le violenze nella Repubblica Democratica del Congo. A farne le spese, ancora una volta è la popolazione civile, soprattutto donne e bambini.
Nella notte tra venerdi 28 e sabato 29 gennaio, nella città di Minova (Sud Kivu) è avvenuto l’omicidio di Anne Marie Bohoro Mwabireke, attivista per la democrazia, per la giustizia e per i diritti umani, così come ricordata da Denis Mukwege, Nobel per la Pace.
Nella notte tra martedi e mercoledi, invece, almeno 60 persone sono state uccise in un campo profughi situato a circa 100 Km da Bunia nella provincia di Ituri, nella parte nord-orientale del paese. Violenze e mutilazioni hanno generato paura nelle persone che hanno assistito a un vero e proprio massacro da parte del Codeco, gruppo armato che da molti mesi semina terrore nella zona, in una “faida” senza fine tra gli agricoltori Lendu e i pastori Hema.
Dal maggio scorso nella provincia dell’Ituri è in vigore uno stato di emergenza e di assedio militare finalizzato soprattutto a contrastare le conflittualità interetniche e i gruppi armati che continuano a saccheggiare i villaggi.
La zona è appetibile per l’accaparramento delle risorse, soprattutto oro, coltan e cobalto. Questi ultimi due metalli risultano fondamentali per la moderna tecnologia, dapprima essenziali per il settore nucleare ed aerospaziale poi diventati elementi indispensabile per la telefonia mobile e per la costruzione di batterie di auto elettriche.
Per l’estrazione di queste risorse vengono impiegati i bambini, trattasi di un intollerabile sfruttamento minorile che li costringe a lavorare anche quattordici ore al giorno, scavando gallerie sotterranee.
Non si può non ammettere che le cause vere di questi massacri e dell’instabilità sono riconducibili alla volontà di molti, nel tentare di avere il monopolio per la gestione di queste ricchezze.
Per comprendere meglio la dimensione di questa tragedia, è’ bene ricordare che la Repubblica Democratica del Congo è il secondo paese al mondo, dopo la Siria, per numero di sfollati interni.
E come dimenticare il triste episodio di circa un anno fa che riguarda l’uccisione dell’Ambasciatore Attanasio, del carabiniere Iacovacci e dell’autista Milambo. In questo caso, il teatro di violenze è Goma. Nord e sud Kivu, Ituri, terre senza pace, nell’ex Zaire, dove i gruppi armati si mescolano alla corruzione e agli appetiti stranieri. La Repubblica Democratica del Congo è un territorio molto esteso, ovviamente di difficile controllo, risulta nevralgico negli equilibri geostrategici e geoeconomici. Quindi, non può essere considerato un paese povero, quanto piuttosto un paese
impoverito.
Un impoverimento che parte da lontano, dal periodo delle colonizzazioni in cui Leopoldo II costringeva le persone a lavorare in condizioni di schiavitù, riuscendo così a trasformare il Congo in una sua proprietà personale. E la storia si ripete, cambiano le modalità di invasione, ma l’obiettivo è sempre lo stesso: arricchirsi attraverso azioni di violenze e
prevaricazioni. Spero che una volta per tutte si comprenda la drammaticità di tali eventi e che le persone deputate a risolvere tali questioni facciano presto. Prima che sia troppo tardi.
Prima che la Repubblica Democratica del Congo imploda. Spero che per chi debba doverosamente intervenire
siano di monito le seguenti affermazioni di Aimé Césaire: Una civiltà che si dimostra incapace di risolvere i problemi causati dal proprio funzionamento è una civiltà decadente. Una civiltà che sceglie di chiudere gli occhi di fronte alle questioni cruciali è una civiltà compromessa.
Una civiltà che gioca con i propri principi è una civiltà moribonda.

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