In Spagna ieri si è concluso lo stato di emergenza sanitaria che il governo spagnolo ha decretato per la seconda volta sei mesi fa, aprendo così una nuova fase nella lotta alla pandemia legata al Covid-19, che lascia la gestione delle misure di controllo nelle mani di le comunità autonome e i tribunali sullo sfondo di una battaglia legale sulle restrizioni dei diritti fondamentali.
Il miglioramento della situazione epidemiologica e l’istituzione di meccanismi legali, sanitari e persino sociali hanno aperto la strada a una nuova normalità controllata.
I dati epidemiologici del Covid-19 riflettono che l’incidenza cumulativa nella maggior parte delle comunità autonome sta diminuendo, il che conferma che “la campagna di vaccinazione sta davvero dando buoni risultati”, secondo il governo che sottolinea la necessità di esercitare cautela e vigilanza per affrontare questa nuova tappa e scommettere, per vincere questa sfida, sull’accelerazione della campagna di vaccinazione.
Infatti, il numero di persone che hanno fatto il vaccino anti Covid in Spagna lo scorso aprile supera quello registrato nei tre mesi precedenti. Cinque milioni di persone hanno ricevuto le due dosi e dodici milioni la prima dose. Questo dato spinge il governo di coalizione guidato da Pedro Sanchez a esprimere il suo ottimismo per raggiungere l’obiettivo di vaccinare il 70% della popolazione adulta entro la fine di agosto.
Per sostenere la fine dell’emergenza dello stato di salute, il governo ha approvato martedì scorso in Consiglio dei Ministri un decreto di supporto legale per la nuova normalità a seguito dell’adozione di un gran numero di misure eccezionali lo scorso anno per far fronte a situazioni di vulnerabilità causate da la crisi sanitaria, economica e sociale derivante dal Covid-19.
Per il governo questo decreto “ha preparato l’uscita dallo stato di emergenza con responsabilità, prevenzione, equilibrio ed efficienza in coordinamento con le altre pubbliche amministrazioni”.
Dopo la fine del periodo eccezionale dello stato di emergenza, il quadro legislativo sanitario continua a consentire alle comunità autonome di rispondere alla pandemia e di prendere decisioni protettive, comprese quelle che riguardano i diritti fondamentali e le libertà pubbliche, con la corrispondente autorizzazione giudiziaria. o ratifica delle corti supreme o dell’udienza nazionale.
Relativamente a tali decisioni giudiziarie, e con l’obiettivo di assicurare un’applicazione uniforme della normativa su tutto il territorio nazionale, il decreto introduce, quale novità, la possibilità di presentare ricorso in cassazione innanzi alla Suprema Corte in modo agile, semplice e preferenziale.
Tuttavia, il compito non sembra essere facile. La revoca dello stato di emergenza, l’ombrello legislativo che ha permesso alle comunità autonome di limitare i diritti fondamentali per contenere la diffusione del coronavirus, provoca una battaglia legale che lascia irrisolti alcuni paradossi.
Le prime conseguenze di questa confusione si fanno già sentire: mentre i tribunali superiori di giustizia delle Isole Baleari e di Valencia hanno ratificato le restrizioni alla mobilità nelle rispettive regioni, i giudici hanno seguito la strada opposta nei Paesi Baschi, dove hanno annullato il coprifuoco e la chiusura dei perimetri della Comunità Autonoma e dei suoi Comuni.
In Catalogna, intanto, il tribunale ha approvato limitazioni al diritto di riunione.
“Il nostro attuale ordinamento giuridico non consente alle Comunità autonome di concordare, al di fuori dello stato di allarme, misure restrittive dei diritti fondamentali con un carattere generale non individualizzato”, ha difeso la Camera del contenzioso della Corte suprema del Paese Basco per opporsi alla continuità delle restrizioni che il presidente regionale Iñigo Urkullu voleva imporre a questa comunità autonoma.
Così, la fine dell’emergenza sanitaria in Spagna lascia la palla al campo delle comunità autonome che devono affrontare un interminabile imbroglio legale per eseguire i loro piani post-Covid.