Russia Elezioni: il partito di Putin “Abbiamo due terzi dei seggi”

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Russia Unita ottiene circa 315 seggi in Parlamento, che assicurerà la sua maggioranza costituzionale (oltre 300 su 450 seggi).

Il partito del presidente russo Vladimir Putin, Russia Unita, ha vinto le elezioni parlamentari con oltre il 47% dei voti, secondo gli ultimi dati forniti dalla Commissione elettorale centrale della Russia (Cec). Dopo lo spoglio del 60,06% dei voti, Russia Unita ha il 47,16% dei consensi.

Il partito ha rivendicato il raggiungimento della maggioranza dei due terzi dei seggi in Parlamento. “Alle 8 del mattino, Russia Unita sta vincendo più del 48% dei voti, il che ci permette di avere 120 mandati. I nostri candidati stanno vincendo in 195 collegi uninominali”, ha detto il segretario del consiglio generale di Russia Unita Andrei Turchak in una conferenza stampa.

Quindi, Russia Unita ottiene circa 315 seggi in Parlamento, che assicurerà la sua maggioranza costituzionale (oltre 300 su 450 seggi). Il partito ha ottenuto “una vittoria convincente e pulita” e non ha registrato alcuna violazione sostanziale che potrebbe influenzare il risultato elettorale, ha detto Turchak.

La seconda forza, secondo i dati preliminari della Cec, è il Partito Comunista con il 20,89% dei consensi, rispetto al 13,34% delle elezioni del 2016. Anche il Partito liberaldemocratico (7,9%), i socialdemocratici di Russia Giusta (7,54%) e la nuova formazione Nuovo Popolo (5,77%) hanno superato la soglia del 5% necessaria per entrare nella camera.

Se i dati provvisori verranno confermati, salirebbero così da quattro a cinque i partiti rappresentati in una Duma diventata decisamente più pluralista. Completano il quadro due vecchie conoscenze della politica russa: i Liberal-democratici, ovvero l’estrema destra di Vladimir Zirinovskij, scesi al 9% dal 13% del 2016, e la sinistra di Russia Giusta, stabile al 6%.

I comunisti strappano la supermaggioranza a Putin

Di fatto, anche se Il vice segretario del consiglio generale di Russia Unita, Yevgeny Revenko, ha rivendicato una “vittoria convincente”, Vladimir Putin non è più uomo solo al comando in Russia e ha perso la “super maggioranza” di due terzi della Duma che gli consentiva di modificare la Costituzione a suo piacimento. La responsabilità non è certo delle formazioni filo-occidentali come Yabloko, relegate a percentuali da prefisso telefonico, ma del boom senza precedenti del Partito Comunista.

I nostalgici dell’Unione Sovietica hanno quasi raddoppiato i consensi alle elezioni legislative, passando dal 13% del 2016 a quasi il 25%, in consultazioni caratterizzate da un nuovo minimo storico di affluenza: il 45,15% in tre giorni di urne aperte, con la possibilità di optare per il voto elettronico.

Dietro al boom della cara vecchia bandiera rossa c’è lo zampino di Alexei Navalny. Nella sua campagna per il “voto intelligente”, la rete del dissidente incarcerato aveva invitato gli elettori a puntare sugli esponenti comunisti nei collegi uninominali, essendo quelli che avevano le maggiori probabilità di battere il candidato di ‘Russia Unita’, la sigla del presidente.

Una spinta che ha dato la volata alla formazione di Gennadij Zjuganov che, complice un ricambio generazionale dei quadri, è riuscita a intercettare il malcontento popolare per un’economia in stagnazione e il voto di protesta contro una classe politica percepita come corrotta e inamovibile. Dalla tradizionale “cintura rossa” degli Urali, il segno della falce e martello si è allargato anche all’Estremo Oriente e alla Siberia, dove i comunisti hanno registrato ottime performance.

“L’elettorato di protesta ha cercato un altro modo per incanalarla e ha scoperto il marchio Nuovo Popolo, privo delle caratteristiche dei nauseanti partiti in Parlamento”, è la riflessione di Leonid Volkov, un socio di Alexei Navalny, i cui militanti avevano raccomandato solo in cinque casi su 225 di votare il candidato di questa sigla.

L’invito della rete di Navalny era infatti quello di scartare i partiti piccoli e di recente costituzione in quanto, se non avessero superato la soglia del 5%, i loro voti sarebbero stati redistribuiti tra gli altri partiti, facendo il gioco della maggioranza. E Volkov aveva citato, a questo proposito, proprio ‘Nuovo Popolo’. Una politica che, col senno di poi, il politologo Gleb Pavlovsky ha definito un “errore di valutazione”, in quanto, in seguito alla stretta senza precedenti sui candidati dell’opposizione, molti simpatizzanti di Navalny, per lo più di simpatie liberali, hanno comunque preferito cercare un’alternativa pur di non mettere la croce sulla falce e martello.

Agi

 

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