Scienza e politica, di Alessio Papi

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11 settembre - streghe - ucraina

Scienza e politica, di Alessio Papi

Siamo ormai da un anno costretti da una pandemia a rimanere chiusi in casa, nel mentre i “benefattori” alla Gates e alla Soros si portano avanti col lavoro.
È da prima dell’esplosione del coronavirus che ci dicono di “doverci abituare” ad altre pandemie per il futuro. Tralasciamo ogni discorso geopolitico, ogni velleità complottistica, proviamo invece a domandarci se negli ultimi anni in campo scientifico-medico abbiamo fatto bene, proviamo a chiederci se soprattutto le scelte dei governi e degli enti sanitari sono state ragionevoli e utili. È dalla comparsa dell’uomo sulla terra che combattiamo pandemie virali o batteriche.
Prima dell’avvento della “scienza moderna”, la natura o l’ambiente (o entrambe) facevano le loro scelte in maniera autonoma. Gli uomini si infettavano e si ammalavano, alcuni guarivano, molti morivano. Per migliaia di anni la “semplice influenza” ha sterminato milioni di persone, basti pensare alla spagnola negli anni venti che uccise gli anziani e i bambini più deboli.
I sopravvissuti avevano sconfitto il morbo, che improvvisamente spariva o meglio diventava innocuo non avendo più soggetti da infettare. Un triste gioco darwiniano che ha funzionato così per migliaia di anni, fino al secolo scorso, quando i progressi della scienza hanno introdotto cure e vaccini che hanno aiutato la specie umana. E se paradossalmente il Covid-19 lo avessimo (involontariamente) creato noi? Se avessero ragione i cinesi sull’origine “naturale” della pandemia?
Da anni la scienza dibatte sull’uso indiscriminato degli antibiotici. Negli anni ottanta e novanta, con la compiacenza di case farmaceutiche e medici, si è abusato dell’uso degli antibiotici.
Per anni i medici di famiglia hanno prescritto pasticconi a iosa per ogni minimo malessere. Non c’è stato mal di gola o colpo di tosse che non fosse curato con l’ultimo antibiotico lanciato sul mercato.
Oggi, con sospetto ritardo, i medici si dicono preoccupati per la comparsa dei super-batteri, comparsa dovuta proprio all’eccessivo uso che in passato si è fatto degli antibiotici a largo spettro.
Qualcosa di simile è accaduto con le sindromi influenzali e le malattie esantematiche. Alcuni scienziati sostengono addirittura la pericolosità della cosiddetta “immunità di gregge”.
In particolare il vaccino antinfluenzale, se utilizzato su larga scala, porterebbe negli anni a varianti sempre più “feroci” del virus con sintomi sempre più importanti e letali.
A supporto delle loro tesi la coincidenza dell’aumento della letalità della comune influenza (dal 2011) con l’aumento delle campagne vaccinali, meno malati (lievi) ma più morti.
Il Covid potrebbe essere il prodotto di scelte sbagliate?
Perché i governi ci bombardano ogni anno con le campagne vaccinali e non si limitano a vaccinare solo i soggetti fragili? È un cortocircuito politico-sanitario.
Da una parte le case farmaceutiche che spingono per fare “business” con i vaccini che sono prodotti altamente remunerativi, dall’altra i governi che pressati dall’invecchiamento della popolazione e dai tagli alla sanità imposti dai vari enti “sovrannazionali”, pensano di ridurre il danno vaccinando più persone possibili, rischiando però, di creare guasti irrimediabili ai danni della popolazione negli anni avvenire. Basti pensare al disastro del ministro Speranza sul piano pandemico nazionale fermo al 2006. Per stessa ammissione del ministro ci siamo sorbiti un lockdown indiscriminato per “non mettere in crisi il sistema sanitario”. Non stavano tutelando i cittadini ma lo Stato, o peggio, loro stessi.
Come poteva esserci una risposta celere e corretta ad una emergenza sanitaria se il piano di era fermo al 2006?
Come avrebbe potuto funzionare un’organizzazione basata su una realtà territoriale non più esistente considerato che da allora gran parte della sanità pubblica è stata smembrata, accorpata, chiusa?
In Italia oltre il 90% dei medici è dipendente pubblico tra Asl, Regioni, strutture convenzionate e policlinici universitari.
Quale è il loro grado d’indipendenza e obiettività? Fanno gli interessi del “padrone” o del paziente-cittadino?
Se il ministero (vedi sopra) emanasse un protocollo o una norma sbagliata quanti sarebbero in grado (e in volontà) di opporsi? La politica e la “scienza” vanno a braccetto più di quanto non si pensi…
E c’è poco da stare allegri.

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