Ultimatum dei medici in piazza: «Cambiate i protocolli» – Scenderanno in piazza in camice bianco. Con loro ci saranno i loro pazienti guariti che indosseranno la T-shirt per le cure domiciliari precoci. «Chiederemo a Speranza perché i medici del territorio non sono stati coinvolti nella revisione del protocollo. La vigilante attesa non è provata da nessuno studio. E se non otterremo risposte ricorreremo al Tar contro le nuove linee guida». L’avvocato dei medici per le cure domiciliari precoci, Erich Grimaldi, illustra alla Bussola la conferenza di Piazza del popolo di sabato 8 maggio. Un evento storico, in cui per la prima volta i medici protesteranno «col governo per cambiare i protocolli di cura per la tutela della salute pubblica».
Sfileranno in camice bianco per rivendicare il loro diritto a curare precocemente. Accanto a loro ci saranno i loro pazienti guariti. È un evento storico quello che si svolgerà a Roma sabato 8 maggio, ore 14.30, a Piazza del Popolo: per la prima volta in Italia i medici del Servizio Sanitario Nazionale e scenderanno in piazza non per una vertenza sindacale, ma per chiedere al governo di poter essere messi nelle migliori condizioni di curare il covid e per contestare apertamente le nuove linee guida licenziate il 26 aprile.
L’avvocato Erich Grimaldi, che ha fondato e segue il comitato dei camici bianchi della terapia domiciliare precoce covid e che ha riportato le vittorie in Consiglio di Stato e al Tar, in questi giorni, è alle prese con le complicate pratiche da burocrazia prefettizia per organizzare al meglio la prima conferenza sulle terapie domiciliari precoci e allestire il palco sul quale saliranno oltre a lui, medici e pazienti guariti.
«L’obiettivo della nostra manifestazione – spiega Grimaldi alla Bussola illustrando le caratteristiche dell’evento – è quello di ottenere delle risposte da Speranza».
Quali, avvocato?
Anzitutto: perché non ha coinvolto i medici che sono attivi sul campo della cura precoce covid nella revisione del protocollo? Le nuove linee guida, a conti fatti, sono rimaste sostanzialmente invariate mantenendo comunque il principio della vigile attesa con paracetamolo che si è rivelato del tutto inadeguato…
…Se non dannoso.
Appunto. A proposito, si chiede sempre la presenza di studi randomizzati e trials clinici verificati, ma non mi risulta che esistano studi randomizzati che provino la bontà della strategia vigile attesa con paracetamolo. Eppure, si è imposta quella: come mai?
Il Ministero si era attivato però, cercando di coinvolgervi…
Infatti, un’altra risposta che vogliamo da Speranza è capire perché sia mancato quel dialogo tra il sottosegretario Sileri e il ministro della Salute. Sileri aveva promosso il nostro incontro con l’Agenas, regolarmente avvenuto, poi è arrivata la doccia fredda.
Come si svolgerà la vostra protesta?
La chiamerei piuttosto una conferenza.
In piazza, però. È comunque un evento storico: medici che protestano chiedendo al governo di essere lasciati liberi di curare…
Sì, confermo, è un evento storico. Anche per come si svolgerà.
Cioè?
Ci saranno i medici e professionisti sanitari in camice bianco, quindi tutti riconoscibili. E con loro ci saranno i pazienti che in tutti questi mesi gli stessi hanno guarito dal covid attraverso le terapie domiciliari precoci. Indosseranno una maglietta con su scritto: «Io sono stato curato con la terapia domiciliare precoce». I cittadini, invece, che sostengono l’iniziativa, perché ritengono le terapie precoci fondamentali per uscire dall’emergenza, indosseranno la t-shirt: «Voglio essere curato con la terapia domiciliare precoce».
La politica si sveglierà?
La politica si era già attivata: l’8 aprile il Parlamento aveva votato all’unanimità un ordine del giorno che impegnava il governo a far partecipare i medici del territorio alla revisione dei protocolli di cura. Perché Speranza non ne ha tenuto conto? Quello che la nostra manifestazione vuole far comprendere è che la politica deve favorire il lavoro dei medici non decidere le cure come invece sta avvenendo.
Il protocollo non parla solo di terapie, discutibili, ma anche di quello che deve fare il medico di famiglia…
Ha ragione il dottor Andrea Mangiagalli, con queste linee guida il medico è considerato alla stregua di un videoterminalista: è invitato a controllare, verificare, attivare, insomma a svolgere tante attività, tranne che andare a visitare il paziente che è la prima cosa che si deve fare perché le terapie precoci funzionino e i pazienti non vengano ricoverati in ospedale.
I medici sul palco non rischiano anche loro di fare politica?
Tutt’altro: ribadiranno la loro volontà di essere fedeli ai loro giuramenti che sono quelli di prendersi cura e stabiliranno una nuova alleanza medico-paziente, motivo per cui ho costituito una nuova Associazione denominata Unione per le cure, i diritti e le libertà.
Che cosa spera che succederà il 9 maggio?
Questo è un ultimatum, ci aspettiamo di essere contattati e coinvolti nella revisione dei protocolli, ma se non accadrà non daremo tregua al ministero ed impugneremo anche le linee guida del 26 aprile ricorrendo al Tar, procurando ulteriori pubblicazioni scientifiche che dimostrino la bontà della terapia precoce covid, ben sapendo che non esistono pubblicazioni che provano il successo della vigilante attesa, come dell’eparina solo agli allettati.