Iran, la battaglia di Nasrin per le donne iraniane

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Nasrin

La storia di Nasrin Sotoudeh, avvocatessa iraniana di 55 anni, nonché attivista per i diritti umani, lascia l’amaro in bocca. La sua incarcerazione è solo l’ultimo misfatto del regime khomeinista, un regime che spedisce in galera chi osa apparire in pubblico senza velo e si oppone alla sua obbligatorietà. Perché è questo ciò di cui si tratta. Come avvocato, Nasrin si è battuta per i diritti dei dissidenti che hanno osato condannare le azioni oppressive dei governanti religiosi iraniani.

I reati di collusione contro la sicurezza nazionale, propaganda contro lo Stato, istigazione alla corruzione e alla prostituzione, i molteplici capi d’accusa nei confronti di Sotoudeh, che nel 2012 ha ricevuto il Premio Sakharov dal Parlamento europeo per la libertà di pensiero, sono soltanto menzogne da raccontare all’opinione pubblica. Nasrin è stata condannata a 33 anni di prigione, che si vanno ad aggiungere ai 5 già ricevuti in precedenza per aver cospirato ai danni dello Stato e insultato la Guida Suprema Ali Khamenei, e a 148 frustrate.
Nasrin, purtroppo, è solo l’ultima vittima di un regime che sottomette le donne e persegue le opposizioni politiche e le minoranze religiose.

Il coraggio delle donne che, nonostante tutto, continuano a lottare e a sfidare la polizia e la componente fondamentalista della popolazione, è a dir poco ammirevole.

Eppure, sono lasciate sole da un Occidente che vive di proclami e slogan. Le denunce di organizzazioni quali Amnesty International e altre non governative, a poco servono: le donne iraniane combattono da sole la loro battaglia per i diritti e la libertà.
Sarebbe auspicabile che le donne iraniane riescano presto a vincere la loro battaglia, quella che renderà finalmente tutti gli iraniani liberi dell’oppressione del regime khomeinista.

Di Laila Maher

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