2024 anno delle elezioni europee

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2024 anno delle elezioni europee –  Un anno difficile è terminato ed il bilancio per il nostro Paese è apparso più che soddisfacente tenendo conto della complessa congiuntura internazionale, con un Governo solido che ha dimostrato, oltre che compattezza, estrema concretezza nell’affrontare i problemi intraprendendo la strada preannunciata in campagna elettorale, ma senza salti nel buio, tanto che, nel commentare la conferenza stampa del Presidente del Consiglio, lo stesso Mario Monti, che di certo non può essere considerato vicino allo schieramento di centro destra, ha dovuto ammettere: “L’ho osservata dal punto di vista del linguaggio e devo dire, non so se le farà piacere, ho riscontrato in lei un’espressione estremamente concisa e concreta.

E’ una politica pura ma parla come un manager, ma qui rischiamo di offenderla troppo, tecnico.” Ora le elezioni europee sono alle porte, si terranno il prossimo giugno, ed esse saranno, oltre ad una sorta di “midterm election” sull’operato del Governo, anche un possibile punto di svolta per la storia dell’UE che arriva stanca e affaticata da una burocrazia sempre più invadente e che si è in qualche modo risvegliata solo grazie (purtroppo) ad eventi catastrofici come la pandemia ed i focolai di guerra, ma un cambiamento radicale appare necessario.

Per la prima volta è possibile che la storica coalizione tra popolari e socialisti possa essere superata, anche se i sondaggi sembrerebbero considerare difficoltosa una netta affermazione conservatrice, ma la possibilità c’è ed un vento nuovo, altamente auspicabile, potrebbe soffiare e sarà nella responsabilità di tutti i partiti di centro destra di ogni Paese motivare il proprio elettorato per portarlo a votare in
un’elezione di solito poco sentita, che sarà, invece, di fondamentale importanza per tutti noi.
Il vento soffia in Europa ma un ulteriore sforzo va ancora messo in campo.
In Italia, come detto, abbiamo un solido Governo conservatore, negli altri Paesi, però, la situazione è ben diversa, in Spagna, nonostante l’affermazione dei Popolari e di Vox, è ancora in sella il socialista
Sanchez, che, per mantenere il potere, non ha esitato ad allearsi con gli indipendentisti catalani, in Francia Macron è stretto tra la concorrenza di destra e sinistra estreme, in Germania la rigida posizione sul patto di stabilità del ministro delle Finanze, e capo del partito liberale, Christian Lindner è anche il frutto del fiato sul collo da parte della destra di AFD, in Olanda, nonostante la netta affermazione dell’ultradestra di Wilders, il governo non decolla. Insomma una generalizzata situazione di frammentazione.
Anche da noi, però, è necessaria molta attenzione visto che i tre partiti di governo Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia fanno parte di diversi partiti europei, ECR il primo, ID il secondo e PPE il terzo.
Pur nel solco delle generali linee conservatrici le sfumature sono differenti, soprattutto tra ID da una parte e PPE ed ECR dall’altra, tanto che Antonio Tajani ha chiaramente affermato “Uniti ma mai con i
nazionalisti estremi”.
Ma Giorgia Meloni ha rassicurato “Continueremo a lavorare insieme per un’Europa migliore e diversa”. Certo ci sarà una campagna elettorale dura, con le opposizioni agguerrite, anche se stentano a trovare argomenti identitari e unificanti, ed il sistema elettorale proporzionale puro porterà a necessari
distinguo per raccogliere consensi, ma confido nella lungimiranza dei leader e nella correttezza dei candidati affinché la competizione si svolga su proposte concrete (per qualcosa) e non su attacchi agli
avversari (contro qualcuno).
Quello che dovrà emergere è la necessità di un’Europa confederale che abbia politiche comuni sui grandi temi, come la difesa, i rapporti internazionali, l’economia, e che non si debba preoccupare della
grandezza delle vongole o di non dover augurare il “buon Natale” per non offendere nessuno, ma anzi che recuperi la propria identità e le proprie radici culturali giudaico-cristiane.

Chi andrà ai vertici delle istituzioni?
Un’ipotesi per la presidenza della Commissione, al posto di Ursula von der Leyen, o, al limite del Consiglio, è l’onnipresente Mario Draghi. Certo le sue posizioni, ancora di recente esposte in una
presentazione di un libro a Roma, dove ha esplicitamente affermato che “l’Europa si deve fare Stato, così non funziona più”, sono poco compatibili con una visione confederale, ma l’indubbia autorevolezza del
personaggio, che sono certo non si limiterebbe a fare il notaio, potrebbe essere una preziosa sponda per l’Italia, soprattutto in questa epoca di PNRR.
Se le forze conservatrici prevarranno decisamente, una possibile candidata per la Commissione potrebbe essere l’attuale presidente del Parlamento Europeo Roberta Metsola, la quale pur facendo parte
del PPE, è la leader nella sua Malta del “Partito Nazionalista”, pertanto sul suo nome potrebbero facilmente convergere tutte le componenti di centro destra.
Certo ad oggi la riconferma di Ursula von der Leyen appare una delle ipotesi accreditate nel caso in cui fossero ancora necessari i voti dei socialisti, anche se un suo possibile approdo ai vertici della NATO,
considerato il suo passato di Ministro della Difesa, è nell’aria.
Per il nostro Paese potrebbe legittimamente configurarsi la possibilità di avere la presidenza del Consiglio, con una figura di spicco della compagine di Governo. Tutto è comunque in gioco.
Il risultato elettorale sarà fondamentale e per i singoli partiti la scelta delle candidature su personalità con un passato irreprensibile e chiaramente rappresentative di culture cattoliche, liberali e
conservatrici, potrebbe fare la differenza.

Di Antonfrancesco Venturini

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